“Ho avuto vicino sempre dei bravissimi confratelli e consorelle che mi hanno aiutato”: così diceva quando veniva in vacanza nella sua Nago. Era partito nel 1931 verso il Sudan, sulle orme di S. Daniele Comboni dove rimase fino all’espulsione del 1964, per poi passare nella vicina Uganda e alla fine in Kenia. In Uganda e cioè a Moroto, si trovò proprio ai tempi di Amin e della carestia per la siccità. Venne in Italia ad organizzare aiuti per sfamare un po’ quelle popolazioni. Le difficoltà erano tante, ma lui non si scoraggiava mai e quando non trovavano soluzioni ai problemi ai suoi Padri diceva: “Fermiamoci, preghiamo e qualche cosa succederà” e se le cose non andavano per il verso giusto aggiungeva: “I disegni del Signore non sono i nostri disegni”.
I poveri lo conoscevano e andavano a sedersi sotto la finestra della sua stanza, a tutti dava qualche cosa, anche se sapeva che quella moneta l’avrebbero usata male e, a quelli che glielo facevano notare, diceva: “Non posso trovarmi un giorno davanti al Signore e che mi dica, avevo fame e non mi hai dato da mangiare”.
Il suo carattere era gioioso, trasmetteva serenità e quando si trovava in vacanza in Italia, al suo paese nella casa dei suoi familiari, si faceva delle grandi risate con il suo fratello maggiore Cosmo nato due anni prima, si raccontavano della vita passata, dell’infanzia, insomma si divertiva. I suoi confratelli dicevano però che qualche volta sapeva anche arrabbiarsi.
Nei primi anni Ottanta, una delle ultime volte che venne a farci visita, incontrò una persona anziana, la quale, salutandolo le disse: “Lo saluto monsignore, non so se ci rivedremo ancora a questo mondo, ci rivedremo nell’altro se è vero che c’è! E lui rispose con sicurezza: “Ci rivedremo senz’altro”. Queste parole sono la speranza che ci ha trasmesso.
Il giorno 5 settembre 2012, i superiori delle congregazioni da lui fondate assieme a padre Marengoni, si riunirono per avviare la causa di Beatificazione dopo aver consultato il card. John Njue, arcivescovo di Nairobi, visto che lui era l’Ordinario al tempo della morte del Vescovo Mazzoldi.
“Questi sono solo una piccola parte dei ricordi che ci ha lasciato – scrivono i nipoti – ma che fanno capire il suo essere come persona, l’umiltà che aveva, le suore dicevano che dovevano nasconderle i pantaloni altrimenti se ne aveva due paia uno lo regalava. Ricordiamo questo zio Vescovo gioioso e sereno e lo preghiamo che ci aiuti dal cielo”.
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