Sul davanzale del palchetto a pochi metri di distanza la sciarpa bianconera con la scritta “codino” e la “sua” numero dieci della Fiorentina. Di fronte hanno esposto la maglia del Brescia, poco sopra, nel secondo ordine è appena spuntata quella dell’Inter. Sempre 10 ovviamente.

All’occhio attento non sfuggono la rossonera scudettata del Milan e, giù in platea, mimetizzato tra giacche, abiti e felpe, qualcuno fa vedere la rossoblu del Bologna. E naturalmente l’azzurro, (più) croce e (meno) delizia per il Pallone d’Oro ’93.

Il Sociale diventa stadio, ma la rivalità, per questi novanta minuti, viene messa da parte. Ognuno ricorda il “suo” Baggio certo, ma l’applauso scatta spontaneo anche quando il maxi schermo mostra una prodezza fatta con altri colori addosso.

Roberto si racconta e si commuove. Scatena ovazioni e cori come quando accarezzava in campo la palla con la sua classe immensa. Di poche parole come è sempre stato, la sua emozione, sincera, diventa un tutt’uno con la nostra, nel vederlo ancora capace – anche fuori da un prato verde – di unire tutta l’Italia.