DOMENICA 21 FEBBRAIO 2021 – PRIMA DI QUARESIMA – ANNO B
Letture: Gen. 9,8-15 – 1 Pt 3,18-22 – Mc 1,12-15
É iniziato il tempo di Quaresima, durante il quale siamo invitati come credenti a cambiare il nostro modo di pensare e di vivere. La parola che lo designa è «conversione», chiedersi cioè se una vita a cui non manca apparentemente niente (né soldi, né sicurezze, né successo…) sia capace di «rivolgersi a Dio come pienezza, come colmo di un desiderio che non si sazia mai di finito»(Robert Cheiab). Non è scontato.
Pensiamo al popolo di Israele tentato nel deserto. Aveva desiderato liberarsi dalla schiavitù dell’Egitto, per questo aveva lottato. Ma quando vennero a mancare l’acqua e il pane, cominciò a pensare che forse sarebbe stato meglio tornare indietro: almeno il minimo per sopravvivere era garantito. Anche Gesù è tentato nel deserto: «E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da satana» (Mc 1,12). Marco non dice a che genere di prova sia stato sottoposto il Figlio di Dio. Non racconta quali domande si è posto. Ma sappiamo che quella di Gesù è stata un’esperienza vissuta in solitudine con la volontà di percorrere il cammino verso il Padre, superando ostacoli e difficoltà, senza rimuoverli. Il deserto può dire qualcosa anche a noi personalmente, anche per noi è luogo adatto per la conversione. La cosa più difficile nella nostra vita, e anche la più necessaria, è accettare il momento della solitudine, che è l’unico in cui possiamo trovarci faccia a faccia con noi stessi, senza finzioni e diversioni. «Per imparare a conoscere la verità della nostra vita, le voci degli altri devono essere messe a tacere. Quello che è determinante non è ciò che gli altri pensano e consigliano, lodano e criticano, ma ciò che si trova veramente dentro di noi». In questo “deserto”, fatto di silenzio, riflessione, «non conta nient’altro che la propria vita al cospetto del proprio Dio» (E. Drewermann). Ma stare al cospetto di Dio, senza crearsi immagini false o distorte non è facile. Talvolta chiamiamo Dio ciò che sembra essere Dio! Non è sempre come ce lo hanno presentato, è un Dio altro, diverso, che ci sconcerta e scompiglia i nostri piani. Probabilmente anche Gesù nel deserto lotta per cercare il vero volto di Dio sfigurato dalla religione giudaica, perché quello era un Dio che di fronte a sbagli e peccati, più che compassione e perdono, nutriva sentimenti di ostilità. Anche noi dobbiamo lottare talvolta contro il Dio imparato nella catechesi, perché è un Dio muto, che non parla. Egli è sempre al di là di quello che noi pensiamo, è sempre più grande di quello che immaginiamo. Come Gesù nel deserto anche noi dobbiamo compiere «un esodo», un passaggio dal Dio che abbiamo conosciuto al Dio che non si lascia catturare e che sfugge a ogni presa umana. Convertirsi significa «mettersi a pensare, correggere la prospettiva»; è lasciare che Gesù prenda l’iniziativa; solo allora potremmo eliminare dalla nostra vita paure, egoismi, tensioni e schiavitù che ci impediscono di vivere in maniera sana e armoniosa. La conversione che non produce pace e gioia non è autentica. Infine, a me pare, che conversione non possa significare ritirarsi dalla storia e dalle sue lotte. Gesù non ha pensato alle difficoltà, al possibile insuccesso della sua missione: ha deciso che bisognava amare. Anche per noi la Quaresima è il tempo del coraggio di impegnarci per cambiare qualcosa del mondo, lasciandoci scuotere dall’interrogativo: che ne sarà del futuro delle nuove generazioni se non mi impegno per la pace, per la giustizia e la salvaguardia del Creato?
E secondo voi?
Sono capace di momenti di solitudine per riflettere su me stesso, sui miei progetti sul mio rapporto con Gesù? La mia comunità/parrocchia è consapevole di essere chiamata continuamente a conversione?
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