Governo Draghi: strada nuova, ma in salita

17 febbraio 2021: il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Senato rende le comunicazioni sulle dichiarazioni programmatiche del Governo. Foto governo.it

Ecco il governo Draghi: un mix attento di tecnici e politici, la cui tenuta andrà testata nella sua operatività. La scelta dei tecnici sembra blindare l’azione per la pianificazione e l’utilizzo dei fondi europei, mentre ai politici è lasciata una specie di ordinaria amministrazione, a volte di alto livello (Guerini, PD, alla Difesa; Giorgetti, Lega, al MISE), a volte di pura apparenza (Di Maio agli Esteri: la politica internazionale la faranno il premier e gli alti funzionari).
Poi l’ordinaria amministrazione può anche rivelarsi complicata, vedi la vicenda pasticciata della chiusura in extremis delle piste da sci da parte di Speranza, riconfermato un po’ per continuità, un po’ per sostenere l’alleanza PD-LeU.
Si è visto quanto pesi l’eredità del periodo precedente, che prima si era buttato a impegnarsi con scadenze precise sulle riaperture, tanto per compiacere e raccattare consenso, che si era appiattito su consulenti alla ricerca di visibilità, per poi cedere all’impulso di misure draconiane da salvatore della patria senza neppure avere la capacità di gestire la comunicazione di interventi che si dovevano supporre di estrema emergenza.
Quel che è successo dovrebbe suonare come un campanello d’allarme per il premier Draghi, che deve agire per mantenere il controllo della sua ciurma, ricordando che una delle principali debolezze di Conte è stata proprio la sua incapacità di esercitare una leadership in seno al governo.
Non può infatti far conto su una vera tregua politica, per la semplice ragione che i partiti hanno vari problemi di cui sono costretti a tenere conto. Il primo, l’abbiamo più volte ricordato, è la scadenza delle elezioni amministrative della prossima primavera, che ormai si dà per improbabile possano essere posticipate.
Sono in ballo molte città simbolo e tutti aspettano i risultati di quel test per vedere se effettivamente si confermi o meno la nuova geografia elettorale che cancella quella delle elezioni nazionali del 2018 su cui ancora si fonda il parlamento.
Non è una prova solo di “percentuali” future, ma anche ben prima della possibilità di costruire certi schieramenti in vista della successione di Mattarella. Per questo, come si è visto subito, non solo la Lega si è buttata a far presente che da vari punti di vista è ancora quella di prima, ma il PD continua nella strategia dell’alleanza coi Cinque Stelle e LeU nonostante la criticità di questa scelta, e M5S cerca di salvare un po’ di profumo grillino nelle sue azioni.
Tutto è condizionato da tensioni che corrono fra le principali forze politiche, perché il cambio di passo imposto dal governo del presidente e dalla figura di Draghi, al momento molto popolare, crea divisioni in presenza o di leadership deboli per non dire incerte (nel PD e M5S) o costrette a rivedere le coordinate di demagogie sconfitte dagli eventi (Salvini).
Il problema di promuovere una forte coesione governativa non è di quelli facili da affrontare. Draghi ha grande esperienza di guida di macchine burocratiche complesse, ma in contesti in cui la gerarchia dei poteri era fissata e il suo si trovava al vertice. Nel guidare una compagine politica gerarchie non ce ne sono, anzi il primo ministro in Italia non ha poteri di condizionamento sui suoi ministri e neppure sui sottosegretari: insomma non può licenziarli. Non è un limite da poco, soprattutto dopo che si è affermato un costume per cui ogni membro del governo, ministro o sottosegretario che sia, può parlare a ruota libera e lo fa abbondantemente, favorito da un sistema mediatico che corre solo a mettere in scena personaggi che si beccano fra loro.
La costruzione di un clima di fiducia diffusa, senza aspettarci utopistiche armonie sociali, è essenziale per poter affrontare con successo il lavoro di ricostruzione nazionale che è necessario. Un clima di scontri continui in cui ormai scendono direttamente in campo anche burocrati ed esperti che dovrebbero rispettare il precetto della riservatezza e della collaborazione silenziosa non aiuta certo, anzi promuove l’acuirsi di tensioni quando, come ora, si è in presenza di contingenze particolarmente difficili.
La politica politicante cerca di far passare tutte le gazzarre come esercizio della democrazia e tutte le fughe nelle scelte roboanti, ma a capocchia, come testimonianza di impegno per l’instaurazione di un nuovo mondo. Invece si tratta semplicemente di farse per nascondere lo smarrimento di fronte ad un futuro che rimane oscuro.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina