L’iniziativa culturale collettiva, che ovviamente si colloca nell’ambito della ricorrenza del centenario della grande Guerra, è stata accolta, sin dalla fase preparatoria, con favore non solo dalla critica e dalle istituzioni ma anche dalle persone direttamente coinvolte in questa interazione diretta tra l’artista e il pubblico.
In particolare ne è stato apprezzato l’aspetto umano, l’aver centrato il focus su quelle anonime mamme, mogli e sorelle private dei loro figli, mariti e fratelli. Tante: un numero, 697, pari a quello degli attuali abitanti del paese. Ovviamente le donne chiamate in causa direttamente oggi evocano le madri, moglie e sorelle colpite dal lutto cento anni fa. In tal modo si va a creare simbolicamente un monumento alla vita, al futuro.
Le donne, giunte nel piccolo paese di Bondo presso questo imponente ricordo della Guerra, si sono posizionate lungo l’iconica scalinata in granito che porta al cimitero ed hanno così dato vita alla performance partecipativa diventandone protagoniste. A rendere non effimero l’evento, dal 17 luglio al 17 settembre, all’interno dell’antica chiesa di San Barnaba lì a Bondo, verrà allestita una mostra di video e foto della performance dal suo stesso titolo: “697 madri”.
Entrato direttamente in relazione con i diversi aspetti del vivere quotidiano di questa comunità alpina Stefano Cagol sta presentando la sua idea guardando al passato, certo, ma al contempo offre la sua visione dell’arte proiettata verso il futuro, innescando una profonda riflessione su destini sia individuali che collettivi e la stratificazione di storia, appartenenze, conflitti e confini, l’evocazione del dolore delle famiglie e l’assurdità di tutti i conflitti. Tra le associazioni coinvolte c’è quella degli Alpini e la Croce nera austriaca.
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