Il consumo eccessivo di suolo, la perdita d'identità identità dei centri storici, fassani e non solo, la confusione degli stili architettonici. Se n'è parlato nell'assemblea annuale di Italia Nostra, sabato scorso a Moena
Si è parlato intensamente di programmazione territoriale nel corso dell'ultima assemblea annuale dell'associazione “Italia nostra” tenutasi a Moena sabato 11 giugno. Il fulcro del dibattito è stato offerto dalla tavola rotonda intitolata “A 30 anni da Stava” a cui hanno partecipato Beppo Toffolon, vicepresidente della sezione trentina di Italia Nostra, Fabio Chiocchetti, direttore dell'Istituto culturale ladino, Anna Facchini per la Società alpinisti tridentini e Mara Nemela, responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comun general de Fascia. Moderatore Gigi Casanova al posto di Corrado Diamantini impegnato a Roma.
Per tutti i relatori la preoccupazione del consumo eccessivo di suolo, un processo iniziato in Italia negli anni sessanta e che non conosce rallentamenti significativi. Ma non solo. Oltre al consumo di suolo, c'è la perdita d'identità dei centri storici della valle di Fassa (come in altre valli), la confusione di stili architettonici e le colorazioni esagerate di case e alberghi.
Per Beppo Toffolon risposte devono arrivare dalla revisione delle legge urbanistica, nuovo piano regolatore generale di Trento (che si spera possa fare da modello per il resto della pianificazione provinciale) e il nuovo regolamento edilizio provinciale. Mara Nemela ha ripercorso le politiche urbanistiche della provincia di Trento dagli anni ’60 a oggi. Dall’analisi dei vari Pup (Piani urbanistici provinciali) appare la difficoltà a pianificare gli interventi sul territorio e il ritardo dell’ente pubblico rispetto al privato, molto più rapido a realizzare case e alberghi.
A partire dagli anni '70 ma sopratutto tra gli anni '90 e il 2000 la valle di Fassa ha assistito a una crescita esponenziale dell’occupazione di nuove aree, occupazione non giustificata né da motivazioni del mercato turistico e tanto meno da fattori demografici. Ora si cerca di tamponare il fenomeno ma senza una strategia precisa a differenza della provincia di Bolzano che punta alla precisa perimetrazione degli attuali centri abitati.
Fabio Chiocchetti, direttore dell’istituto culturale ladino, ha confermato il ruolo cruciale svolto dalla cultura declinando il problema in un valle ladina. “Dopo anni di lunghe e difficili rivendicazioni sulla propria specificità – ha detto con una nota pessimistica – siamo arrivati ad ottenere dei buoni e consolidati risultati. Paradossalmente mai come ora la realtà ladina ha perso smalto, non è in grado di fare da collante e ricoprire un ruolo di catalizzatore per il futuro. Oggi assistiamo alla netta prevalenza degli interessi economici e di categoria che portano alla frammentazione”.
Anna Facchini della Sat si è soffermata maggiormente sulle terre alte e le problematiche dei rifugi alpini, impianti di risalita e uso della risorsa acqua. “Non siamo l’associazione del 'no' – ha sottolineato – ma quella che si pone il senso del limite. Il filo rosso del problema ambientale è l’emergenza culturale. Qui trova la legittimazione il ruolo della Sat da anni impegnata ad affrontare la montagna con la sua lunga tradizione e il ricco bagaglio di conoscenze”.
Al dibattito sono intervenuti amministratori pubblici (l’assessore del Comun general Gianluigi De Sirena, il sindaco di Moena Edoardo Felicetti) e rappresentanti di categoria come Angelo Iellci per l’associazione rifugi del Trentino. C'è stato un intervento anche da parte di Massimo Girardi, presidente di Transdolomites, l'associazione che da anni si batte per una mobilità sostenibile tra centro e periferia. Una conferma che l'assetto di un territorio è fenomeno complesso e di natura diversa.
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