È l’anima dei moriani

Presentato sabato scorso il libro sul santuario di Monte Albano di Chiara Ballarini

Quando nell'aprile del 1483 il giovane cronista veneto Marin Sanudo scrive i suoi appunti di viaggio percorrendo l'Adige su una zattera sottolinea con stupore la rocca che sovrasta sopra Mori, così come tutte le prime indicazioni cartografiche e le mappe catastali ricomprendono il castello di Monte Albano.

Ma quanto il santuario omonimo, sviluppatosi nei secoli sotto la rossa parete del Cengio, abbia un ruolo predominante anche nell'orizzonte religioso e culturale della gente di Mori si è ben compreso sabato sera all'Auditorium comunale nella presentazione dell'atteso volume dal titolo “L'anima del tempo”, stampato dalle edizioni Osiride. Il sottotitolo – “Appunti sul culto mariano dal XVI al XX secolo nel santuario di Monte Albano e nelle chiese filiali della Parrocchia di Santo Stefano in Mori” – esprime la prospettiva con cui si è mossa l'autrice, la docente e giornalista moriana Chiara Ballarini.

Non si tratta infatti solo di un testo di storia, anche se le fonti e i riferimenti ad altre ricerche sono rigorosi, ma nemmeno solo un testo di religiosità popolare. È forse il racconto di “un legame costante e misterioso, non totalmente intelleggibile” – come ha detto il direttore di Vita Trentina Diego Andreatta nel presentare l'opera – “fra le comunità di Mori e il loro santuario, attraverso la devozione alla Madonna di Monte Albano”. Essa trova il momento più alto il 5 agosto nel rinnovo del voto, ma anche nella festa primaverile di San Giuseppe e in tante altre occasioni: “La figura di Maria Santissima – afferma l'autrice – si è offerta in tutta la sua grazie e potenza come madre nel cui grembo deporre affanni epocali e pesantezze esistenziali, Risposta a domande di difficile soluzione”.

È un filo rosso che attraversa oltre cinque secoli, questo riferimento costante al santuario esercitato sia con le visite personali sia con le iniziative condotte dalle Confraternite moriani. Sul colle che sovrasta Mori sfilano i protagonisti della grande storia – dai francesi del gen. Vandome ai soldati della seconda guerra mondiale – ma trovano conforto anche i contadini afflitti dalla peste o dal colera nei secoli delle grandi epidemie.

Utilizzando fonti ufficiali e ufficiose, a partire dagli Atti visitali dei principi vescovi fino ai verbali delle assemblee comunali, Ballarini ha attraversato i secoli evidenziando nelle varie epoche il ruolo che l'edificio sacro ha assunto. Con le curiosità dei rischi di degenerazione laica – furono impedite le grida del “Trato marzo” – o con l'impegno via via rinnovato a proteggere il santuario dal degrado.

L'impulso decisivo venne dal Comitato di protezione istituito da un gruppo di amici nei primi anni Settanta sotto la guida di Vittorio Longhi: un Comitato che sabato sera ha reso omaggio a due “grandi assenti” come Sergio Dalrì, presidente che aveva promosso la pubblicazione di questa ricerca storica (come ha testimoniato il figlio) e Giorgio Andreatta che aveva organizzato nel dettaglio la serata..di famiglia. Lo hanno notato anche il sindaco di Mori e il parroco don Augusto Pagan (“questo libro è un vero dono pasquale per la nostra borgata”, ha detto), mentre al parroco precedente don Tarcisio Guarnieri si deve l'immagine di Monte Albano come il “disteso e fresco Tabor di Mori, dove ognuno prende ossigeno”.

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