Il sistema di accoglienza delle persone migranti in Trentino è stato un modello d’eccellenza unico nel suo genere. Ogni euro speso per l’accoglienza ha generato quasi il doppio di valore per l’economia trentina (1,96 euro), pari a 9,4 milioni di euro nel 2016. Una buona prassi che ha prodotto vantaggi sia per chi ne ha usufruito, sia per la comunità di accoglienza. Eppure è stato parzialmente smantellato a causa di politiche locali e degli effetti dei decreti sicurezza.
Un paradosso che la ricerca “L’impatto economico e sociale del sistema di accoglienza in Trentino: uno studio esplorativo”, commissionata da Arcobaleno, Centro Astalli, Atas, Cgil e Kaleidoscopio ad Euricse, evidenzia con chiarezza. Lo studio, pubblicato dalla Fondazione Migrantes della Cei, è stato presentato martedì 24 novembre in diretta streaming, alla presenza dei curatori e dei referenti delle organizzazioni locali.
Accoglienza diffusa in piccoli centri e integrazione.
A fine 2019 in Trentino erano accolte 824 persone in 99 piccole strutture, sparse in 12 comuni del territorio per favorire l’accoglienza diffusa, più 149 richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati che ad ottobre 2019 erano negli appartamenti condivisi del sistema Siproimi (ex Sprar). “Il modello di accoglienza trentino funzionava molto bene – spiega Giulia Galera, ricercatrice di Euricse -.
Basti pensare che un tirocinio su 4 si trasformava in opportunità lavorativa e ogni euro speso in accoglienza andava a beneficio dell’economia locale. Per gli effetti dei decreti sicurezza e con l’ingresso di una nuova Giunta ostile all’immigrazione, il sistema è stato in gran parte smantellato. Dalla ricerca emergono conseguenze deleterie per le persone in accoglienza e per coloro che arriveranno”.
La gestione alla Provincia.
Il sistema trentino era in grado “di gestire i conflitti e traghettare verso l’accoglienza anche le comunità più ostili – precisa Galera – per i tanti vantaggi che ne derivavano”. È la Provincia autonoma di Trento a gestire in prima persona l’accoglienza, anziché le Prefetture come nel resto d’Italia. Per il coordinamento la Provincia ha istituito nel 2011 il Centro informativo per l’immigrazione(Cinformi), suo braccio operativo.
Ogni anno viene sottoscritto un protocollo d’intesa che consente alla Provincia di fornire beni e servizi ai beneficiari, monitorare le presenze nelle strutture, rendicontare le spese sostenute e, a fine anno, presentarle al Commissariato per i rimborsi.
Tra i servizi per l’integrazione sono comprese attività di sostegno socio-psicologico, di orientamento al territorio e alle pratiche per l’ottenimento della protezione internazionale, di formazione e inserimento lavorativo e di assistenza linguistica e culturale.
Vantaggi economici anche per il territorio.
“A fronte di una spesa minore rispetto ad altri territori – si legge nella ricerca – il sistema riesce comunque a garantire alti standard di servizio uniformi sul territorio”, generando “un impatto economico positivo anche nelle comunità che li accolgono, in un processo virtuoso in cui l’ospite, contrariamente al pensiero popolare, genera ricchezza, innovazione e sviluppo”.
Tramite gli accordi con l’Agenzia del lavoro, ad esempio, sono stati attivati numerosi tirocini, specie nelle piccolissime aziende trentine del settore agricolo e artigianale. L’Università di Trento, invece, garantisce l’accesso all’istruzione terziaria ai richiedenti asilo e detentori di protezione internazionale. I decreti sicurezza hanno sancito un taglio delle risorse da parte del governo centrale, per cui l’offerta di Cinformi si è dovuta ridimensionare. Sono stati sospesi i corsi di lingua italiana, le attività di orientamento al lavoro, il servizio di supporto psicologico per gli ospiti delle strutture.
Gli autori della ricerca sottolineano il rischio concreto di ricadute sociali negative, con un progressivo peggioramento delle condizioni di vita e di salute dei richiedenti asilo. Viene anche criticata la decisione della Giunta provinciale di Trento di accentrare le presenze dei richiedenti protezione internazionale in grossi centri in città. L’auspicio è che le recenti modifiche ai decreti sicurezza possano essere operative nel più breve tempo possibile, per ragioni di natura sia etica sia economica. L’esperienza di Trento dimostra che un’accoglienza efficace è possibile: “Si tratta di partire dalle buone pratiche e disegnare politiche nell’interesse di tutti, persone migranti e comunità di accoglienza”.
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