Al funerale di Piergiorgio Cattani, nella sua cara comunità di Sant’Antonio, è tornata viva l’immagine evangelica che egli aveva ascoltato anche domenica pochi minuti prima che il suo grande cuore si fermasse: la lampada accesa delle giovani sagge. “La sua lampada era pronta per l’incontro con il suo Signore – commentava il parroco don Severino Vareschi – la lampada del coraggio, del progetto, della visione, della concretezza. E intorno, luce e calore…”. Ne hanno goduto tanti trentini in questi 44 anni superintensi e faticosi, formidabili nel trasformare con grande energia spirituale una malattia rara in un’affermazione del valore della persona in ogni fase della vita. Senza dare spazio a quel pietismo o a quella commiserazione, che Piergiorgio respingeva come tante altre scelte di approccio medico disumanizzante, stigmatizzate nel libro autobiografico Guarigione, ruvido nei confronti di una certa bioetica mal intesa.
Di preparazione culturale sterminata (tanti gli chiedevano come facesse a leggere di tutto e di più, non conoscendo la sua straordinaria memoria) e di curiosità intellettuale inesausta, trafficava i suoi talenti con disponibilità evangelica, tenendo insieme nella stessa lunga giornata percorsi teologici e accademici con un tè a Vita Trentina, convegni sulla cultura cinese o il dialogo ebraico-cristiano e telefonate agli amici per complimentarsi per l’arrivo di un figlio o di un nipotino. Umanità raffinata.
Riusciva a esercitare un ascolto profondo degli altri, dando l’impressione di aver capito bene quasi sempre in anticipo; ti costringeva alla sintesi, sempre con carità e pazienza, richiamando così al valore dell’essenzialità della parola e del pensiero.
Grazie ai genitori Monica e Raffaello ha respirato la fede alla tavola di casa, scegliendo di rimanere fedele al solco ecclesiale anche in tempi in cui non condivideva molte scelte: costante il suo apporto nel periodico parrocchiale di Sant’Antonio, prezioso il suo contributo come formatore per la diocesi dei catecumeni (soprattutto stranieri) che si preparavano a ricevere il battesimo. Aveva trovato nelle pagine di Vita Trentina, su invito dell’amico Marco Zeni, l’ambiente dialogante ideale per portare avanti le sue riflessioni sulla fede oggi (e ci teneva a farlo contemporaneamente anche su Questotrentino come testimonianza di credente in un ambiente laico) e sognava di realizzare un momento di confronto con i giovani avviato nel suo libro Cara Valeria.
Aveva poi trovato efficace la formula della nostra nuova rubrica di lettere “In dialogo con Pier”: per oltre due anni e mezzo non sono mai mancate nella sua mail, a testimonianza di una rete di persone che godevano dei suoi consigli e delle sue argomentate risposte. Eravamo d’accordo che dopo l’attuale incompatibile esperienza politica, che tanto lo appassionava (“però mi rendo conto – confidava – che è più facile scrivere di politica che essere impegnato ai tavoli della mediazione della politica locale”), Pier avrebbe ripreso a scrivere, ma intanto continuava a leggere e commentare il settimanale dando consigli e incoraggiamenti.
Condividiamo con i nostri lettori un’ultima familiare confidenza: Piergiorgio Cattani è stato uno dei migliori amici di Michele Niccolini, il caro collega dell’Ufficio stampa della Diocesi scomparso sotto una valanga cinque anni fa; erano stati fianco a fianco alla guida del mensile dei francescani Squilla serafica, amavano passare insieme il tempo libero, coltivando interessi filosofici ma anche uscite in montagna.
Ci consola pensarli nei sentieri del paradiso mentre la luce della loro testimonianza – da riprendere in mano come una lampada – può ancora tanto aiutare i nostri passi.
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