In municipio, tre sale ospitano la mostra permanente “La dòna de 'sti ani”, rievocando l’atmosfera e le sensazioni di vita domestica dei primi del novecento
Un mondo già visto per qualcuno in là con gli anni, e facile all’emozione, che sulle ali della memoria ripercorre il passato tipico della tradizione contadina. Diversamente, un universo sconosciuto per giovani e adolescenti che, pur sforzandosi, non colgono appieno le sfumature di vita intrappolate nella moltitudine di attrezzi, utensili, arredi, carte ingiallite, foto seppiate e capi d’abbigliamento rispolverati e messi in mostra dopo aver intrapreso con ardire l’iniziativa intitolata “La dòna de ’sti ani” andata in porto grazie al paziente interessamento dell’amministrazione comunale di Lasino in collaborazione con l’associazione culturale “Retrospettive” e il generoso slancio di alcuni compaesani.
Lo spazio espositivo permanente all’interrato del palazzo municipale ha festeggiato i primi giorni di dicembre il primo anno d’attività, con tanto di recital di e con Chiara e Walter Salin, nella sua accezione più nobile di luogo della memoria: tre sale con soffitto a volta già di loro rievocanti l’atmosfera retrò e le sensazioni di vita domestica che fu.
Entusiasta, il sindaco Eugenio Simonetti aveva accolto la proposta due anni fa concedendo l’uso in comodato gratuito degli avvolti municipali affinché, su indicazione della storica Tiziana Chemotti e di Sergio Trentini, si tramandassero alle nuove generazioni gli usi e i costumi della donna rurale novecentesca così come fu a Lasino, per non dire in Trentino, fino a non molti decenni addietro.
Una sorta di confronto generazionale protratto nel tempo. La riproduzione di una cucina della gente di montagna sviluppata intorno all’immancabile “fogolar” attorniato dalla panca in legno con la madia e la credenza disposte ai lati; la stanza da letto arredata in stile arte povera; un locale riservato ai mestieri prettamente femminili tra cucire, lavare e stirare a rendere le giornate lunghe ed estenuanti.
Si tratta di un patrimonio che “corre il pericolo di estinzione” complice l’evoluzione tecnologica forsennata che in qualche modo vede i più giovani accantonare, se non rinnegare, le usanze e i costumi dei loro nonni. Così, testimoniare ciò che avveniva nelle case, nelle stalle e nei campi dei nostri avi rappresenta per il comitato promotore un progetto di notevole valore storico e culturale.
Tuttavia, “senza la collaborazione e la disponibilità di coloro che hanno donato oggetti e attrezzi appartenenti ai loro familiari – ringrazia il primo cittadino – questo non sarebbe stato possibile”. Qualcosa come quattrocento pezzi ripuliti, restaurati alla bisogna, e catalogati, ciascuno corredato di scheda descrittiva, foto e nominativo del relativo donante o comodante. Un ponderoso patrimonio storico, comprovato anche da tradizioni tramandate oralmente che, evidenzia l’assessora Mariabruna Chistè, “ci ricorda il passato per capire il presente e imprimere forma al futuro”.
Unico nel suo genere in Trentino, con l’eccezione di Casa Andriollo a Olle, conta un omologo in regione nel cuore di Merano, dove quattro anni fa apriva il Museo delle Donne nelle sale trecentesche del convento delle clarisse. Piace concepirlo come un “catalizzatore di esperienze” per scuole, associazioni e cittadini, possibilmente con momenti di conoscenza e approfondimento aperti a tutti. Certamente all’altezza di un apprendimento basato sull’esperienza concreta e dal ruolo centrale nel sistema dei saperi di una società che evolve rapidamente.
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