Ha fatto non bene, ma benissimo il sindaco Ianeselli a prendere rapidamente la decisone di sospendere quest’anno i “mercatini di Natale” (che ci sono, inglobando e di fatto fagocitando la tradizionale Fiera di Santa Lucia, dal 1993). La preoccupazione delle perdite che la loro assenza provocherà è ben presente, ma altrettanto lo è la consapevolezza che un estendersi dei contagi, prima ancora che ripercussioni sanitarie insostenibili avrà effetti economici pesanti. Se la gente si affolla al pronto soccorso e ai tamponi, invece che in piazza Fiera, le prime ad esserne disertate saranno proprio le bancarelle.
In questo caso, peraltro, una decisione del sindaco (responsabile della sicurezza e della salute della città) era urgente, anche per non lasciare incertezze e spazio alle strumentalizzazioni sempre più evidenti da parte di chi cavalca l’inevitabile disagio, nel rimpallo di attribuirne sempre ad altri la colpa. Non decidere significa portare acqua al mulino di chi gioca al “tanto peggio, tanto meglio”, come segnalano le recenti cronache di alcune città italiane. Se chi oggi protesta in piazza per le chiusure si fosse comportato con più attenzione nei mesi scorsi non si sarebbe arrivati a questo punto, che peraltro era stato temuto e previsto dopo “l’estate in libertà”. Occorre però ben dire che la cosa più squallida di questa seconda fase virale sono gli “slalom” politici cui si assiste nel gioco cinico a chi resta con il cerino in mano.
Il cattivo esempio viene dall’alto, nel rimpallo fra Comuni, Regioni e Governo, così che i Comuni possano dire di “essere stati lasciati soli” e dare la colpa alle Regioni e queste, giocando sugli orari di apertura, riversare le responsabilità sul Governo. (In realtà, se non si osservano i distanziamenti, il virus è contagioso anche a mezzogiorno!) Ha fatto quindi bene il sindaco Ianeselli a decidere, e forse non è inutile richiamarsi ad un precedente importante che molti lettori ricordano. Quando il 14 luglio 1978 alla Sloi esplosero i bidoni di sodio e la città fu avvolta in una nube tossica, il sindaco Tononi, che non era un decisionista, ma sapeva “tenere insieme” e tutelare la città in anni difficili, chiuse la fabbrica in 48 ore, dopo aver sentito il medico provinciale (c’erano meno interminabili riunioni di commissioni e dipartimenti allora, ora le minacce sanitarie sono davanti agli occhi di tutti). La fabbrica fu chiusa e restò chiusa. Non mancarono le proteste, ma gli operai , rimasti senza lavoro, furono tutelati. Tutta la vicenda si può ricostruire sul prezioso “Dizionario Trentino 1976 – 2000” di Mauro Lando, edito da Curcu e Genovese, che attenderebbe un utilissimo aggiornamento per gli ultimi vent’anni.
Per i “mercatini” va tenuto presente che non provocano solo assembramenti attorno alle bancarelle e al vin brulé, ma portano in città (porterebbero, perché in questa situazione il risultato più probabile è un “flop”) decine di migliaia di persone ogni domenica. Sarebbe come avvolgere tutta la città in una nube di contagi. Gli stessi cittadini, la domenica non potrebbero quasi uscire di casa. Meglio sospendere tutto quindi, e impiegare la pausa per rivedere la formula dei mercatini. È una distorsione che si aprano tanto presto, abolendo di fatto “per inflazione” l’atmosfera del Natale. Sono umilianti quelle nenie opacamente registrate e ripetute che fanno venire a noia anche i canti più tradizionali e belli, e non è degno di una città civile assistere ai confronti, ed anche alle liti giudiziarie, di chi vuole assicurarsene gli appalti.
I mercatini in appalto? Come le malghe che stanno distruggendo? Li organizzino il Comune i mercatini, o le Apt e le Pro Loco e diventino una cosa seria e misurata.
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