Chi ha atteso qualche giorno per qualche positivo commento alla “buona notizia del lunedì”, ovvero il forte appello lanciato domenica da papa Francesco per favorire “una presenza femminile nei luoghi di responsabilità nella Chiesa”, è rimasto deluso. E spiace che il richiamo di Bergoglio alla “questione femminile” sia stato oscurato dalle vicende giudiziarie – peraltro molto inquietanti – della “dama del Vaticano” poi arrestata con l’ipotesi di reato di peculato o che sia stato probabilmente valutato dagli stessi vaticanisti come una ripresa ciclica di un problema destinato a non essere superato e risolto.
Invece, il fatto che Francesco abbia scelto per questo messaggio la finestra dell’Angelus domenicale, ovvero il pulpito spalancato sul mondo forse più seguito di tutto il suo magistero anche a livello internazionale, dimostra quanto per lui sia decisivo anche in questo momento richiamare l’attenzione sul ruolo (penalizzato) delle donne dentro la Chiesa. Forse avverte il rischio che dopo il clamore del Sinodo Amazzonico il tema venga dimenticato o la preoccupazione per il timore che le istanze “femministe” vengano addebitate soltanto all’attenzione della Chiesa tedesca, molto determinata ed esigente su questo punto nei lavori sinodali in corso, mentre invece rappresenta una questione aperta per la Chiesa universale. “Le donne possono aiutare molto la Chiesa in uscita”, ha sottolineato nel suo commento a Vita Trentina la presidente di Azione Cattolica, Anna Rigoni, confermando implicitamente una sintonia naturale che rende ancora più urgente la preoccupazione del Papa perchè “troppo spesso le donne vengono messe da parte”.
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