Il tradizionale convegno pastorale settembrino della diocesi di Bolzano-Bressanone si è tenuto in formato Covid, negli spazi rinnovati dell’accademia Cusanus, concentrato in una giornata, con partecipazione in presenza e da remoto.
Il tema attorno al quale ha ruotato l’incontro e sul quale si costruisce l’anno pastorale è “Darsi il tempo per…”. Nella versione tedesca “Innehalten”, che significa appunto fermarsi a riflettere, riprendere fiato, fare sosta. Nulla di più adatto allo strano tempo che siamo chiamati a vivere.
“Quando abbiamo deciso questo tema annuale a gennaio – ha spiegato il vescovo Ivo Muser – non avevamo idea di quanto sarebbe stato attuale solo poche settimane dopo. La nostra riflessione è stata: come Chiesa locale ci troviamo di fronte a molti profondi cambiamenti e quindi abbiamo bisogno di un momento di pausa. In mezzo a tutte le questioni importanti che sono all’ordine del giorno, non dovremmo concentrarci sull’‘ancora più avanti’ e ‘ancora di più’, ma andare in profondità, cercare il centro. Appunto, prendersi del tempo per ciò che è veramente importante”.
Nella sala grande della Cusanus risuonava l’eco delle parole di Alex Langer: al posto del pretenzioso motto olimpico del “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte), “che contiene la quintessenza della nostra cultura della competizione, io vi propongo il ‘lentius, profundius, soavius’, cioè di capovolgere ognuno di questi termini, più lenti invece che più veloci, più in profondità, invece che più in alto e più dolcemente o più soavemente invece che più forte, con più energia, con più muscoli, insomma più roboanti. Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo”.
“Improvvisamente e inaspettatamente – ha continuato il vescovo – il ‘prendersi tempo’ ha acquisito un gusto completamente diverso. La pandemia da Covid-19 ci ha colto di sorpresa, tutto è crollato. Molti hanno lottato per la propria vita, o per la vita delle persone a loro affidate. Molti altri – la maggior parte di noi – sono stati costretti a ritirarsi dentro le loro quattro mura, nella più piccola cerchia della famiglia. Per alcuni è stato anche un difficile momento di solitudine”.
In ogni ambito le cose si sono fermate e qualcuno ha cominciato a sviluppare forme nuove di attività e di partecipazione. Anche la Chiesa ha dovuto cogliere questo tempo come una sfida. “Siamo diventati insicuri”, ammette mons. Muser. “Insicuri nella nostra interazione sociale, insicuri nelle nostre prospettive economiche e professionali, insicuri nel nostro futuro politico, insicuri anche nel nostro rapporto con la fede e con la Chiesa”. Il dopo-lockdown non è stato come ci si era augurati. “Chi si aspettava che il numero limitato di posti nelle funzioni religiose sarebbe stato preso d’assalto, si è sbagliato. Anch’io questo momento lo avevo immaginato in modo diverso”. Molti non sono tornati in chiesa. “Non è diventato più facile, ma ancora più complesso – e sorgono molte domande”.
“Darsi tempo, andare in profondità, prendersi del tempo per ciò che è essenziale. Da questa situazione tutto assume una nuova importanza. Potremmo ora cedere alla tentazione di tornare con tutte le nostre forze a una presunta normalità e allo stesso tempo recuperare il più possibile ciò che è andato perduto durante l’anno. Dopotutto non si tratta di questioni di poco conto”. Qui il vescovo fa riferimento in particolare al nuovo percorso della cresima (nella diocesi altoatesina l’età per accedere al sacramento è stata spostata ai sedici anni). “Non fare nulla non è un’opzione. Ma anche l’azionismo a qualsiasi costo non ci porterà da nessuna parte. Sarebbe inutile cercare di recuperare il tempo perduto in qualche modo con un doppio carico di lavoro. Sarà molto più importante domandarci: qual è l’obiettivo del nuovo percorso della cresima? Cosa è essenziale, cosa viene prima, cosa costituisce la qualità del nostro lavoro? Questa domanda si pone in ogni ambito del nostro lavoro di Chiesa. Cosa sta al centro, qual è il cuore che anima e muove tutto il nostro agire?”
Questioni “per” le quali è necessario “darsi il tempo”.
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