L’ultima desmontegada del malgaro “Fazoleto”

Il 21 settembre è stata l’ultima “desmontegada” per Diego Paterno di Spera, detto “Fazoleto”: dal 1993 a quest’anno ha condotto Malga Zoppetto (o Campello) coi suoi pascoli in Val Campelle.

Lo spunto

Con la fine dell’estate la stagione dell’alpeggio va esaurendosi; le molte “Desmontegade” che vengono organizzate in questo periodo segnano il tempo e una tradizione che caratterizza le vallate alpine ed in particolare quelle dove l’allevamento, la trasformazione del latte, la vita di malga, rappresentano da generazioni fonte di occupazione e di reddito per intere famiglie di valligiani.

Il ritorno a valle con il bestiame che ha pascolato per oltre tre mesi attorno alle malghe, contribuendo a disegnare e a far vivere il paesaggio alpino, è una festa da celebrare, dal forte valore simbolico, diventata negli ultimi anni anche evento folklorico di richiamo turistico.

Anche dagli alpeggi del Lagorai, dove di malghe ancora attive ce ne sono a decine, mucche, capre e pecore, pastori e malghesi, stanno scendendo progressivamente a valle. Non per tutti però sarà una festa.

Anche qui, come in altre valli del Trentino, oltre alle perdite per le aggressioni da parte di lupi e orsi, il fenomeno degli affitti dei pascoli che vengono assegnati agli allevatori di pianura e/o a imprenditori che, con il beneplacito dei proprietari, usano gli alpeggi seguendo logiche affaristiche, sta facendo le sue vittime fra i pastori e i malghesi locali. Per qualcuno di loro, a fronte dell’insostenibilità a pagare affitti più alti, nonostante tutta l’esperienza, la capacità e la volontà che avrebbero per andare avanti, continuare a curare e a far vivere le malghe e i pascoli loro assegnati, è stata o sarà davvero l’ultima desmontegada.

A un Trentino che anche delle desmontegade sta facendo un’attrattiva turistica questi aspetti e le storie delle singole persone protagoniste della stagione dell’alpeggio, forse interessano poco o nulla. Possiamo ignorarli se vogliamo salvare l’anima delle malghe e una tradizione che non sia solo folklore?

Tarcisio Deflorian

I nomi sono gentili. “Desmontegada” ha una risonanza antica e suona come l’approdo a un luogo di pace – la discesa a valle per l’autunno – dopo le fatiche e i pericoli del pascolo estivo in malga, sulla montagna. Sull’Alpe, che prende il nome da Alm, malga appunto. La malga, non la croda, è la vera montagna. Il resto è contorno, aperto a tutti gli “usi” e le vocazioni dei monti, ma di fatto scenario all’alpeggio. Il Trentino non dovrebbe mai dimenticarlo.

Sul Lagorai, in Val Campelle, la malga da cui a fine estate sono scese le manze si chiama Malga Zoppetto, un nome altrettanto simpatico, che evoca storie e avventure. Chi era il “zoppetto”? Un vecchio malgaro che la gestiva e magari sì è azzoppato in un dirupo per recuperare una vacca dispersa? Mah. Un po’ mistero, un po’ mito. E chi oggi gestisce la malga ha un soprannome altrettanto evocativo: Diego Paterno detto “Fazoleto”. Di Spera, in Valsugana. La sua famiglia, i “Fazoleti”, gestiscono malghe, su verso il Montalon, da oltre un secolo. Cosa facevano con il fazzoletto? Lo avevano al collo? Lo usavano come segnale o richiamo?

E’ un peccato che adesso serva solo per piangere, perché con la “desmontagada” di quest’anno Diego Fazoleto deve andarsene, come nell’ “Albero degli Zoccoli”. Tutto regolare, tutto a norma di legge, ma anche tutto finito, per una persona, per una valle, anche per il Trentino, che ancora non ha capito, con tutta la sua “autonomia”, che sono le persone e la loro presenza a dare identità alle comunità. Le malghe sono luoghi e “momenti” di persone, non solo ricovero di animali. Sono strutture antichissime, di impianto ancora retico, veri castelli di libertà e nobiltà alpestri, e chi le gestisce, i malgari, non sono gli “ultimi” emarginati dietro le vacche, sono i custodi e difensori della montagna, ché questo era il ruolo della nobiltà sul territorio. Ora è tutto difficile certo, i lavori della terra si sono impoveriti, la globalizzazione travolge tutto. Ma è proprio attorno alle malghe che l’Autonomia deve organizzare una resistenza, non solo usarle come richiami di marketing, o appaltarle precariamente, o lasciarle andare a gruppi imprenditoriali e finanziari, quando invece sono la linfa dei paesi di montagna. I quali sono destinati a morire, lo si vede, se dopo i maestri, gli ospedali, i parroci, perdono anche le malghe. Se la montagna viene venduta o appaltata si va in città e tutto finisce lì. Malga Zoppetto non riguarda quindi solo i “Fazoleti”. E’ un problema di tutto il Trentino. Anche perché mostra che i nemici più temibili delle malghe, del pascolo, dell’allevamento, non sono tanto i lupi, ma le leggi sbagliate, le istituzioni distratte e gli uomini.

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