Dopo un lungo periodo speso all’insegna del motto “troncare e sopire” Giuseppe Conte sembra avviarsi all’utilizzo di un’altra celebre frase manzoniana: “adelante Pedro, con juicio”. Le ultime mosse sono infatti tese a trasmettere il messaggio di un governo che si muove e va più o meno nella direzione auspicata dal PD uscito rafforzato dalle elezioni. Che ci sia sostanza è tutto da verificare.
Il premier ha tirato due calci negli stinchi a Salvini e ha fatto finta di tirarne un altro a Di Maio giusto per apparire equanime. Per la verità anche i primi due sono da verificare. La riforma dei decreti sicurezza, fra il resto imposta da una pronuncia del Quirinale bellamente sin qui lasciata in un cassetto, si farà senz’altro, ma il quando e il come è ancora nebuloso, visto che è annunciata da qualche mese senza che ci sia un seguito. Qui il problema non sono tanto un po’ di mal di pancia grillini, quanto la delicatezza della materia che deve unire un approccio seriamente umanitario con l’esigenza di evitare che la riforma appaia come un via libera alla ripresa indiscriminata degli sbarchi. Sarebbe un disastro sia per il collasso delle nostre capacità di accoglienza sia per la ripresa di sentimenti popolari molto preoccupati per l’esplosione del fenomeno migratorio.
Lasciar scadere quota 100 per le pensioni è un dato il cui significato è anch’esso da verificare. La scadenza è a fine 2021, nel frattempo si vedrà come fare. Un ritorno banale alle rigidità della legge Fornero appare improbabile, ma intanto per un anno Salvini potrà salire sulle barricate. In fondo questo va benissimo a Conte e al suo governo che regge fintanto che può presentarsi come l’unico argine possibile contro la destra demagogica: con Salvini che ritorna in campagna permanente per immigrati e pensioni, trascinandosi dietro la Meloni, di governo di unità nazionale non se ne potrà parlare. Quanto alle elezioni anticipate non c’è spazio per farle passare in un parlamento in cui i membri sono atterriti da quel che succederà con il taglio dei seggi appena divenuto definitivo.
La presa di posizione sul reddito di cittadinanza è pura rappresentazione. Tutti sanno che non ha funzionato come strumento per creare posti di lavoro, ma ha dato un po’ di sussidi a gente che ne aveva bisogno, pur con il corollario, che sembra inevitabile in questo paese, di lasciare spazio a furbetti e profittatori. Lo sanno anche i Cinque Stelle, che non hanno tratto benefici elettorali dalla misura, ma semmai molte critiche, sicché va bene anche a loro che si metta mano alla faccenda. Tanto non si cambierà nulla, ci saranno sei mesi di tempo per provare a creare basi di dati per incrociare l’offerta di posti di lavoro con le disponibilità: peccato che di offerta ce ne sia molto poca e non passi per il sistema fallimentare dell’ANPAL (dove si potrebbe cominciare a risparmiare sbarazzandosi dell’inutile e costoso prof. Parisi voluto al vertice dai grillini).
Per tornare alla nostra apertura, Conte prova a dar mostra di muoversi, ma lo fa con tutta la prudenza abituale. Non si deciderà sul MES, almeno finché i Cinque Stelle non avranno stabilizzato la loro situazione, altrimenti si teme di rischiare la sfiducia al Senato (ma significa, ben che vada, aspettare uno o due mesi). Sul Recovery Fund si continua ad un livello puramente retorico, visto che non c’è trasparenza sui progressi fatti dal comitato apposito (ammesso che progressi ci siano). Nebbia su Alitalia e Autostrade, due dossier che si trascinano da tempo, anche qui per varie liti all’interno della maggioranza.
Della riforma elettorale si parla solo a livello di dibattito accademico. Ci spiegano quelli che se ne intendono che non si può andare a presentare la proposta di legge in Aula finché non sarà certo che non si potrà andare con la nuova legge ad elezioni anticipate, cioè fino a giugno-luglio 2021 alle soglie del semestre bianco. Alla Camera si vota a scrutinio segreto e puoi capire quanti franchi tiratori che non hanno intenzione di perdere un anno di stipendio a causa della loro improbabile rielezione la impallinerebbero.
Insomma, dalla palude per ora si fatica ad uscire. Certo ormai si va verso la stesura della legge di bilancio, prima con una nota di aggiornamento e poi con il testo vero e proprio. Sarà difficile allora continuare a bypassare l’esigenza di scegliere e decidere, ma bisogna riconoscere che in questo campo Conte è un ottimo funambolo.
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