Leggere il futuro tramite il collegamento fra l’alpinismo e l’ecologia. Questo il filo conduttore dell’incontro di mercoledì 16 settembre a Borgo Valsugana “Dopo la pioggia arriva il sole… promesso!”, penultimo appuntamento della rassegna “Generazioni” e organizzato in occasione del centenario della SAT. Come ospite la celebre alpinista altoatesina Tamara Lunger che abbiamo intervistato a margine della serata.
Tamara, che sensazioni provi davanti a una montagna, durante la scalata e una volta giunta alla meta?
È difficile dare una risposta univoca, credo che la relazione che si instaura con una montagna sia simile a quella che si crea con una persona. Non penso che siano semplici ammassi di roccia, credo invece, che ognuna di esse abbia un’anima, di conseguenza anche le emozioni che provo variano di volta in volta. Nel corso delle mie scalate è capitato che mi sentissi accolta da tante cime. Arrivata alla meta sentivo le farfalle nello stomaco, come quando ci si innamora per la prima volta. Al contrario, ci sono state montagne con le quali ho provato una sensazione di repulsione, non mi sono cioè trovata in sintonia con il luogo che mi circondava.
C’è un altro tipo di relazione da molti sconosciuta: quella fra donne e montagna. Come vivi il tuo esser donna e alpinista?
Credo sia una questione di forma mentis. Sono nata in una famiglia a maggioranza femminile, ma non per questo abbiamo sentito differenze fra compiti da uomo o da donna. Allo stesso modo anche in montagna non ho mai sentito un trattamento diverso legato al mio genere. C’è sempre parità e rispetto fra i membri di una spedizione.
Un altro rapporto assai problematico è quello fra ecologia e montagna. Hai parlato più volte della sporcizia che ricopre i monti in giro per il mondo. Da cosa credi dipenda? È possibile cambiare le cose?
Penso che anche questa sia una questione di mentalità. Quando ero piccola non c’era una percezione ecologica della natura e i risultati negativi si vedevano facilmente. Alle elementari trascorrevamo intere ore a pulire i boschi dall’immondizia, lasciata in primo luogo dai nostri corregionali, e vi trovavamo di tutto. Ora invece abbiamo compreso la fortuna che abbiamo nel vivere a stretto contatto con la natura e questo ci porta a stare più attenti. In altre zone dell’Italia e del mondo non c’è ancora questa mentalità, sono tuttavia convinta che come noi abbiamo imparato così anche gli altri possono imparare. L’importante è riuscire a capirlo e agire di conseguenza.
La pandemia ha cambiato il nostro atteggiamento verso la natura?
Io credo che l’essere rimasti chiusi per alcuni mesi abbia aiutato a far capire l’importanza della natura, quanto il rapporto, la relazione con essa sia fondamentale per tutti. È bello vedere che tante persone cercate di entrare in contatto con il mondo che ci circonda.
Sei di ritorno da un viaggio attraverso le cime d’Italia, che cosa ti lascia quest’esperienza?
Senza dubbio una grande ricchezza in fatto di relazioni. È stato un viaggio che ha avuto il centro non tanto sui luoghi quanto sulle persone, ho conosciuto tanta gente che mi ha lasciato ottimi ricordi durante scalate fatte assieme o anche solo per via di una chiacchierata al bar.
Che messaggio vorresti dare per “scalare” le “montagne della vita”?
Semplicemente abbiate il coraggio di seguire le vostre passioni, credeteci. Tanti mi guardano come se fossi un supereroe, che è riuscita a seguire le sue passioni, ma che è una delle poche fortunate. Io non mi vedo invece come una persona speciale, ho solo scelto una strada e l’ho seguita con tutte le cadute che ha comportato, prendendomi la responsabilità della mia decisione. Basta solo un po’ di coraggio e il giusto atteggiamento. Molti si lasciano abbattere dal pessimismo e in questo modo attirano le sfortune e diventano invidiosi. Quello che ho scoperto è che dobbiamo essere noi stessi i primi ad essere positivi perché così diventiamo “calamite” per le cose belle della vita.
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