Lavora le scandole in legno come una volta, a mano, per le coperture di tetti e facciate, “nel rispetto dell’ambiente, del paesaggio e delle nostre tradizioni”. È il mestiere dello scandolaro Mario Paoli, intervistato dalla classe V della scuola elementare Maria Bambina di Trento.
Che cosa sono le scandole?
Le scandole sono un antico rivestimento utilizzato per coprire tetti e facciate. Insomma, sono le tegole del tetto, ma fatte in legno. Sono tipiche della valle dei Mòcheni e dell’Alto Adige, ed è una tradizione che proviene dai paesi freddi del Nord Europa, specialmente nelle regioni di montagna.
In che cosa consiste il suo lavoro?
Il legno viene separato lungo le fibre, che rimangono così completamente intatte. Si parte da un blocco di legno, che viene “sezionato” per ottenere la tipica assicella. Per me si tratta di un hobby: lavoro esclusivamente a mano, come una volta, nonostante oggi siano disponibili macchinari che velocizzano molto il lavoro.
Che tecnica usa?
È molto semplice. C’è un utensile, il cosiddetto “fer de le scandole”, cioè una lama di circa 40 centimetri – ma a volta è anche più lunga, dipende dai tronchi che si devono tagliare – con il manico verticale anziché longitudinale, come l’ascia. Questo perché quando si batte per incastrare il ferro nel legno, il manico scivola nella mano e il ferro entra più facilmente nelle vene del legno.
Per le scandole si possono usare tutti i tipi di alberi?
Il più usato, siccome le scandole si usano in alta montagna, nelle baite, è il larice, che cresce ad alta quota; ma non è detto che sia il migliore. Si possono fare anche di castagno e di robinia (acacia), che sono legni più duraturi. Il legname va scelto in maniera accurata.
Di solito si usano alberi della zona?
Una volta, nelle nostre valli, le scandole erano un’esigenza, perché non c’erano altri modi di fare il tetto, non c’erano fabbriche che producevano tegole. Chi si costruiva la casa usava il materiale che trovava in zona, lavorando esclusivamente a mano: chi aveva i castagni faceva le scandole di castagno, chi aveva i larici di larice…
Quanto durano le scandole?
La durata dipende dal tipo di legname, dalla posizione e dal sole, che determina il tempo in cui si asciugano. Se rimangono a lungo bagnate, infatti, il consumo è più veloce. Quando il tetto non è troppo piano, una buona scandola dura in media trent’anni. Un paio di anni fa a Taio, in val di Non, hanno sostituito le scandole di un antico campanile e hanno trovato una data: 1780. Il tetto del campanile era molto ripido, dunque l’acqua scivolava via molto velocemente. Insomma, la durata può variare anche di molti anni.
Le scandole si usano ancora oggi?
Sì, ma poco, soprattutto in montagna. Magari si usassero di più! Creerebbero lavoro per tante persone, e rispetterebbero di più l’ambiente e il nostro paesaggio. Mi piacerebbe che venisse istituito un regolamento per obbligare ad usare le scandole nelle costruzioni di montagna sopra una certa altitudine: questo per limitare l’impatto ambientale, e per non distruggere 500 anni di storia che i nostri avi ci hanno lasciato.
Le scandole sono più ecologiche delle tegole che usiamo oggi?
Essendo fatte di legno sono un prodotto della natura, pertanto sono superecologiche!
Quanto si impiega a fare una scandola?
A farla a mano si impiega tanto tempo. Non so calcolare i minuti, ma so che in un giorno riesco a farne 2 metri e mezzo. Oggi le fanno anche a macchina: con la “bindela” tagliano le assi e poi fanno le finte righe per simulare le scanalature. Sul legno spaccato a mano, infatti, le fibre sono più evidenti.
Chi le ha insegnato a fare questo mestiere?
Non ho avuto un maestro, ho “copiato”. Ho imparato l’arte osservando attentamente un artigiano, e poi ho provato a fare lo stesso, perfezionando sempre di più il mio lavoro, arrabbiandomi anche, quando necessario. Se davvero vuoi fare una cosa serve resistenza e caparbietà: volere è potere!
Che cosa fa nell’Associazione “Arti e Antichi mestieri”?
Ci mettiamo nelle piazze e nei musei a realizzare alcuni oggetti della tradizione contadina: gerle, scope, zufoli e fischietti, forconi, slitte… La nostra particolarità è che lavoriamo ancora a mano, senza avere bisogno di energia elettrica: solo con la forza umana. Ormai siamo diventati un’attrazione anche per i più giovani.
Lavorare il legno è una sua passione?
Direi proprio di sì, o meglio è stata la mia medicina quando lavoravo come artigiano carpentiere. Ho una baita in Palù, e la domenica andavo lì e mi mettevo a lavorare il legno: questo mi faceva dimenticare tutti i problemi e tutti i pensieri, era la mia libertà.
intervista a cura della classe V della scuola elementare Maria Bambina di Trento
La scheda:
Nome: Mario
Cognome: Paoli
Professione: Scandolaro
Segni particolari: Da Pergine, scandolaro per “hobby”, dopo aver fatto tanti lavori (saldatore, posatore di tubi, carpentiere…), oggi si dedica alle scandole… e non solo. Fa parte dell’Associazione culturale scultori e pittori di Bedollo-sezione Arti e antichi mestieri
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