Una piazza senza nome fino al 26 aprile scorso, quella a Vason. Ora è intitolata a un frate cappuccino nativo di Selva di Levico, uomo d’alta cultura laureato in scienze naturali con una tesi sulle erbe medicinali delle Viote che lui stesso si prodigava a cercare e raccogliere negli anni Sessanta spostandosi da Vaneze alla sommità del Bondone con una motocicletta sgangherata tipo Lambretta presa in prestito.
Nella toponomastica urbana di Trento è denominata “Piazza padre Riccardo” per distinguerla da un’omonimia viaria esistente nel sobborgo cittadino di Gardolo. La cerimonia di scopertura della targa, lunedì 27 aprile, alla presenza della sorella e dei due fratelli di fra’ Riccardo, dei confratelli del suo ordine religioso e di alcuni “bondoneri” è stata preceduta da una liturgia concelebrata dal salesiano don Claudio Bolla, reggente della chiesetta affacciata sulla piazza a 1.650 metri di altitudine, e dai cappuccini Feliciano Giovannini e Paolino Paoli.
Fu di Riccardo l’idea di erigere quella singolare “cesota” a due falde spioventi e ampie vetrate su un terreno allora donato dall’Asuc di Sopramonte, inaugurata nel 1953. Era il decennio in cui la “Trento alta” pullulava di turisti disseminati tra prati in fiore e alberghi moderni, ma essendo priva di un edificio sacro, su istanza di esercenti contrari a lasciarsi sfuggire quei clienti intenzionati a prendere parte alle messe celebrate nelle chiese a valle, padre Riccardo Cetto si rese disponibile a officiarla ogni domenica all’interno delle strutture ricettive ospitanti, questa o quella secondo le disponibilità.
Così fino al giorno di S.Barbara del ’66 quando i fedeli si accostarono alla santa comunione nella nuova chiesetta a Vason e il frate cappuccino ne fu rettore per trentuno anni fino al viaggio missionari che lo ha condotto nel 1997 a Itabela in Brasile prima di rendere l’anima al Signore tre anni più tardi.
Da almeno un biennio la Circoscrizione del Bondone ardiva dedicargli quella piazza bandita alle auto e che vorrebbe far conoscere ancor più ai suoi cittadini. A tutti, come guardava indistintamente “il gigante buono” Riccardo fra i tanti miserevoli delle favelas.
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