Venerdì sera in oratorio il racconto dell'odissea dei profughi eritrei in fuga dal regime. E domenica, mostra missionaria
Nel Sinai negli ultimi cinque anni sono state sequestrate e ridotte in schiavitù più di 30 mila persone. Uomini, donne e bambini sui quali la dottoressa italo-eritrea Alganesh Fessaha dell'associazione Gandhi ha scritto un libro, “Occhi nel deserto”, che presenterà venerdì 24 aprile alle 20.30 all'oratorio di Mori.
In particolare la donna, che da quasi quarant'anni vive a Milano, ha scoperto il traffico ascoltando le urla di ostaggi disperati ed è diventata un punto di riferimento per tutti gli eritrei che lasciano oggi il loro paese. È lei che ha salvato assieme alla sua ong 750 profughi destinati alla morte e, per prima, ha attirato l'attenzione sulla strage silenziosa che avviene ogni giorno dal 2008.
Dopo l'accordo Berlusconi-Ghedaffi che frapponeva diversi ostacoli per uscire dalla Libia e favoriva diversi respingimenti collettivi, per cui l'Italia è stata condannato dalla corte di Strasburgo, i profughi, soprattutto eritrei, sono stati costretti ad affidarsi a rotte alternative per l'Europa. Quell'Occidente tanto sognato che solo qualche giorno fa non è riuscito ad impedire l'ennesima strage, al largo delle coste siciliane.
Prima però di imbarcarsi per raggiungere l'Italia, gli eritrei, così come sudanesi ed etiopi, partono dai campi profughi dove in genere si trovano per arrivare fino al Sinai. E qui inizia quello che per molti di loro si trasformerà nell'ultimo viaggio: in “Occhi nel deserto”, come racconta la dottoressa Alganesh Fessaha, si parla di come queste persone cadano spesso nelle mani di organizzazioni criminali, che hanno dato vita a una vera propria tratta.
C'è chi viene rapito e torturato per ottenere dei riscatti da parte delle famiglie delle vittime, o chi viene coinvolto nel traffico di esseri umani. Si stima che uno su tre muore, mentre gli altri subiscono torture e abusi sessuali. Tant'è che secondo le Nazioni Unite, lungo le antiche rotte che collegano il deserto del Sinai al Sudan e al Sahel, si è consumato il peggior traffico di esseri umani a memoria d'uomo.
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