Ernesto Anderle, disegno chi sta dalla parte degli emarginati

La copertina della pagina FB “Vincent Van Love”

Ci sono persone che diffondono bellezza. Una di queste è Ernesto Anderle, scultore, pittore e illustratore anche conosciuto come “Roby il Pettirosso”, che incontriamo “virtualmente”. Nato e cresciuto a Milano, Ernesto ha frequentato il liceo artistico e a 23 anni ha deciso di trasferirsi a Pergine, paese d’origine di suo padre, dove risiede da una decina d’anni.

La prima pagina che ha aperto su Facebook è stata Roby il Pettirosso; poi sono arrivate – in ordine – Vincent van Love e Hedera, su Facebook e su Instagram. “Ho creato Hedera una settimana fa. Si tratta di un giallo gotico ambientato nell’Ottocento: ha l’atmosfera dei libri di Jane Austen e della serie tv Downton Abbey”, spiega Ernesto, che ha anche pubblicato alcune graphic novel.

L’ultima è Raffaello (2020, BeccoGiallo Editore), scritta assieme a Chiari Stigliani e uscita giovedì 28 maggio.

In un’intervista hai spiegato che hai scelto di chiamarti “Roby il Pettirosso” perché “robin” in inglese vuol dire pettirosso. Perché proprio un pettirosso?

Quel giorno stavo disegnando da tutto il pomeriggio, però il disegno non mi convinceva per niente, stavo per mollare. Poi ho visto un pettirosso alla finestra e l’ho disegnato subito. E così ho deciso di usare questo nome.

La tua passione per il disegno viene da lontano?

A sei anni disegnavo sui muri di casa. Sono stato fortunato perché mio padre, anziché rimproverarmi, mi aiutava. Se disegnavo, lui iniziava a tratteggiare quella stessa cosa – un fiore, un cane –  sul muro, accanto al mio disegno. M’insegnava, insomma.

In un articolo hai detto che l’idea di dipingere Van Gogh ti è venuta dopo aver letto “Lettere a Theo”…

Sì. Di solito però non illustro una lettera completa, ma estrapolo una frase e poi la rappresento. Ciò che è contenuto in “Lettere a Theo” mi sembra assolutamente moderno. E forse lo è anche per chi segue la pagina “Vincent van Love”.

Pensi che ci sia un filo conduttore che lega Vincent Van Gogh, Fabrizio De André, Murubutu e Raffaello, protagonisti dei tuoi libri? Perché hai scelto proprio loro?

Fatta eccezione per Raffaello, sono persone che stanno sempre dalla parte degli emarginati, degli sconfitti. Trovo che sia una cosa ammirevole dedicare la propria vita e la propria arte a chi non ce l’ha fatta o non ce la fa.

Qual è il personaggio che ti è stato più difficile disegnare?

De André, perché ha dei tratti molto femminili – soprattutto il De André giovane. È più facile disegnare il volto di un vecchio pieno di rughe che il volto di un bambino o di una ragazza. Questi ultimi sono più puliti, le linee sono meno evidenti e quindi è difficile caratterizzarli.

Quello più semplice, invece?

Van Gogh. Ha un viso spigoloso, la barba e i capelli rossi. Non è difficile disegnare una figura come la sua.

Ultimamente Van Gogh piace molto. Secondo te perché? Forse perché la sua storia ci racconta della paura, dello smarrimento e dell’insuccesso?

In lui vediamo tutto quello che la società ci dice di nascondere. Siamo obbligati a costruire un’immagine di noi forte, vincente, inserita. Van Gogh era l’opposto, e non ha neanche cercato di nasconderlo, anzi, metteva in mostra proprio le sue debolezze e ne ha fatto la sua forza. Questo è il messaggio della pagina “Vincent van Love”: non nascondere le tue fragilità, fanne una forza.

Qual è il personaggio che adesso ti piacerebbe illustrare adesso?

Sarà un altro pittore maledetto (ride).

La graphic novel Raffaello (2020, BeccoGiallo Editore), scritta assieme a Chiari Stigliani è uscita giovedì 28 maggio

Che cosa racconti in “Raffaello”?

Parlo della situazione italiana a quell’epoca, sempre in fermento, e dei grandi come Leonardo e Michelangelo.L’abilità di Raffaello è stata proprio quella di riuscire a carpire le abilità di Leonardo e Michelangelo, farle sue e creare un cocktail perfetto, che è la sua grazia.

La vita di Raffaello è finita prestissimo.

Sì, ma è incredibile quanto sia riuscito a dare in poco più di 30 anni. È un mondo da scoprire e che ho cercato di raccontare in occasione del cinquecentesimo anno dalla sua morte, che decorre proprio quest’anno.  Grazie a Chiara Stigliani, che ho conosciuto all’Accademia di Brera e che ha una conoscenza incredibile della storia dell’arte, ci sono anche delle spiegazioni dettagliate dei lavori di Raffaello.

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