Alle origini del dialetto della piana rotaliana

La parola Teroldego è riconducibile a “Tirolergord”, “oro del Tirolo”
Il dialetto, in Piana rotaliana, ha le sue caratteristiche a cominciare dall’accento. Molte parole risultano esclusive della zona con delle differenziazioni accentuate fra i vari centri, fra Mezzocorona e Mezzolombardo anzitutto, con la prima borgata influenzata molto anche dalla parlata nonesa, mentre la seconda da quella germanica.

Alma Maria Pedron, sociologa con una forte connotazione di linguista ed antropologa, nonostante le specializzazioni in materie giuridiche e teologiche e l’attività professionale nel pubblico impiego tanto in Italia che in Europa, in un interessantissimo lavoro di ricerca è riuscita a dare un inedito significato a molti vocaboli del dialetto locale, tra cui “teroldego” e “rotaliano”, secondo il linguaggio degli antichi poeti indoeuropei, che – come si rileva nella presentazione – unisce il cielo alla terra, il linguaggio del sacro.

I risultati di questa ricerca sono riportati nel volume intitolato “Noi indoeuropei rotaliani” (EdizioniOsiride). È una specie di viaggio nella memoria dei luoghi circoscritti dell’infanzia dell’autrice, nata e cresciuta a Mezzocorona, anche se da anni vive a Trento, che parte da lontano, o meglio dalla notte dei tempi quando al mondo secondo la Bibbia “tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole”.

Pedron approfondisce il tema dell’evoluzione linguistica con dovizia di citazioni di studiosi del campo, datando i primi vagiti dialettali verso il 6.000 a.C, ancorando la lingua di quella che l’autrice chiama “nonna” di Mezzocorona non al ceppo linguistico africano, ma all’indoeuropeo. Curiosi i dettagli dove si parla di lingua a “schiocco”, detta anche a “click”, sostituita poi da altri suoni monosillabici, parlata che si accompagna al movimento delle popolazioni nomadiche che dal nord s’insediano in Rotaliana, area più vivibile, salubre e in grado di far convivere uomini, animali e piante in un sinergico ciclo vitale.

È lungo l’elenco di parole individuate dalla ricercatrice che riconducono all’indoeuropeo, a cominciare, tra gli altri, dai vocaboli dialettali per indicare il fuoco, il dente, la casa, il giogo, la madre, il dare e il possedere, compresa la progressione aritmetica dei numeri. È lo studio comparato di vocaboli della lingua indoeuropea e della sua più diretta derivazione, il sanscrito, con altre lingue tra le quali il russo, a consentire all’autrice di dare un inedito significato a molti vocaboli dialettali. “Le evidenti tracce lasciate e radicatesi nel nostro dialetto non possono farci escludere la possibilità, se non la certezza, di un insediamento indoeuropeo, proprio perché molti vocaboli del dialetto rotaliano ci portano lontano nel tempo e taluni assumono un significato poetico e sensazionale”, scrive l’autrice.

È quindi più che un dizionarietto di parole derivate quello confezionato dalla Pedron, che individua una serie eccezionale di termini storicamente collocabili per chiamare Mezzocorona, partendo da quello più antico (1271) di Meci de Corona. In questa rassegna sono svelati anche i significati di “rotaliano” e “teroldego”. “Rotaliano”, per Pedron, non deriva dal re longobardo Rotari, o da “campo del dazio” o da “rotabile”, cioè percorribile con i carri, come sostengono talune fonti, ma piuttosto da “rot” e “rue” che in sanscrito significa scorrere, rotolare, fluire delle acque in quella che è sempre stata la pianura di confluenza di due fiumi (Adige e Noce) da cui è derivato il toponimo di Campo rotaliano o pianura dell’acqua che straripa, ristagna o abbandoda a seconda delle stagioni.

Pure per la parola “teroldego”, il tipo di uvaggio della Rotaliana che dà il nome al ben noto vino, a detta di alcuni riconducibile a “Tirolergold” (oro del Tirolo), la studiosa opta per una personale interpretazione che unisce termini derivanti dal latino come “tero” dal verbo pestare o terra, “degulo”, (gustare, assaggiare) e da altre varianti che fanno pensare in termini poetici al “fuoco sacro, rosso come il sangue, posto/cresciuto nella terra per svilupparsi, da succhiare come nettare e poi cantare (agli dei)”.

La Piana rotaliana – chiarisce infine Pedron – è chiamata così “per l’energia vitale delle acque che scorrono in moto continuo unendo il nord ed il sud ed i simbolismi del buio e della luce di detti punti cardinali”.

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