Sandro Chistè non si faceva vedere spesso qui in redazione ma quando entrava a salutarci portava sempre una ventata di allegria e freschezza. L’ultima volta, lo scorso maggio, lo avevamo convocato per raccontarci la sua esperienza di fiduciario di Vita Trentina iniziata nel 1974. Appena diciottenne aveva preso l’impegno “come cristiano” portandolo avanti con passione per 45 anni.
Inevitabile, durante la nostra piacevole chiacchierata, non parlare della sua scelta di scendere in strada percorrendo in lungo e il largo l’Italia a piedi. Ispirato da don Milani, il prete di Barbiana, aveva scelto di schierarsi, di metterci le gambe e soprattutto la faccia. “Perché – diceva – se si vuole dare un segnale, le chiacchiere servono a poco”.
Due pellegrinaggi, cento giorni di cammino. Nel 2013 assieme alla figlia era partito senza un centesimo in tasca (“un’esperienza incredibile”, la definiva), da Pergolese e Roma, passando da Assisi. Nel 2018 dal Brennero a Palermo, questa volta da solo, con i colori della pace sullo zainetto.
Ci raccontava di aver visto un’Italia diversa da quella ritratta ogni giorno dai telegiornali. L’Italia in cui credeva e che l’aveva convinto a partire. Quella capace di accogliere, di andare oltre le etichette, oltre il passaporto, sensibile e attenta nel promuovere la pace. “Ho incontrato tante persone che la pensano come me – ci confidava – altre con idee diametralmente opposte alle mie con le quali ho discusso civilmente”.
Uomo che sapeva unire, costruttore di ponti, mosso dalla ferma convinzione che il confronto e il dialogo facciano nascere la ricchezza. Con l’umiltà di chi sa cosa significa sporcarsi le mani senza stare sotto i riflettori, si commuoveva parlando di quegli incontri sulle strade del nostro Paese: durante una serata ufficiale ma anche chiacchierata accesasi spontaneamente al tavolino di un bar o in ostello, prima di coricarsi, sfinito, dopo tanti chilometri percorsi.
“Briciole di pace” le chiamava Sandro Chistè, quelle che sicuramente hanno saputo raccogliere, standogli a fianco e camminando – anche in senso figurato – assieme a lui, i tanti amici venuti anche da lontano al suo funerale, celebrato martedì nella chiesa troppo piccola di Pergolese.
La sua bara era avvolta dalle maglie del suo impegno di volontariato e di operatore di pace. “Sandro lascia un posto vuoto che difficilmente sarà colmato”, le parole del parroco don Paolo Devigili che, ne ha ricordato in particolare il sorriso e la semplicità che ha profuso in tanti impegni e in particolare nel servizio per la Caritas. “Hai portato nel tuo cuore un sogno di pace – ha aggiunto – percorrendo l’Italia da nord e sud riaccendendo nei nostri cuori stanchi il desiderio di un mondo rinnovato”.
Anche i figli, sul cimitero, hanno ringraziato il Signore per il loro papà “per quello che ci ha insegnato, nell’affrontare la vita con il sorriso e nel credere nella pace”. Sottolineando poi “il vostro amore – tuo e della mamma – che è stato per noi un’autentica meraviglia”.
Significativa la presenza dei giovani di “Casa di Giano” che hanno condiviso all’uscita dal cimitero un pane impastato con le loro mani. Alla moglie e ai tre figli la vicinanza della redazione ma anche dei lettori di Vita Trentina.
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