“Di fronte al potere del male ci troviamo impreparati e umiliati anche come comunità. L’uomo può arrivare ad atti irresponsabili. Per questo dobbiamo andare oltre le nostre fragilità e affidarci alla memoria, strumento necessario per non ripetere gli errori del passato”. Don Albino Dell’Eva nel giorno del ricordo della duplice tragedia del Cermis, lunedì 3 febbraio, ha accostato l’indemoniato liberato da Gesù ai fatti angosciosi avvenuti per ben due volte sulla montagna di Cavalese. “Sono due episodi nei quali – ha sottolineato il celebrante – il male si è impossessato dell’uomo con tragici effetti”.
Dopo la Messa di suffragio un lungo corteo di persone, con le rappresentanze di associazioni civili e militari, si è recato nel cimitero davanti alle due stele che ricordano la doppia disgrazia. Qui è risuonata la sequenza dei 62 nomi delle vittime, momento che ancora oggi emoziona i presenti.
“Questa data ha un sapore amaro non solo per i parenti delle vittime, colpiti negli affetti più cari, ma per tutta la nostra collettività”, ha detto Silvano Welponer, sindaco di Cavalese. “In ricorrenze come questa – ha continuato – tornano alla mente le parole che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, inviò alla nostra comunità. Parole che hanno incontrato l’ansia di giustizia espressa da parenti e dalla collettività locali. Dobbiamo quindi riaffermare con forza che né il tempo né la storia potranno cancellare dalla mente dell’uomo libero e giusto le cause, l’irresponsabilità e la superficialità di coloro che hanno provocato queste tragedie”.
Accanto alla cittadinanza hanno partecipato alla cerimonia i sindaci della zona in fascia tricolore, i rappresentanti della Comunità territoriale e della Magnifica Comunità di Fiemme, l’assessore provinciale Mattia Gottardi, il vicepresidente del consiglio regionale Luca Guglielmi e i consiglieri provinciali Pietro De Godenz e Gianluca Cavada. Presenti anche il Commissario del governo Sandro Lombardi, il vicequestore Stefano Valeri e la direzione degli impianti Cermis con Giulio Misconel e Silvano Seber.
Era il 9 marzo 1976 quando la fune portante della cabinovia fu tranciata da quella traente. La navicella precipitò al suolo provocando la morte di 42 persone (tra queste 15 giovanissimi di età compresa tra i 7 e i 15 anni oltre al 18enne manovratore della cabina). E arriviamo al 3 febbraio 1998 con un analogo schianto. Venti morti, di sei paesi europei, a causa di un volo americano fuori legge: troppo basso e troppo veloce.
Nessuno pagò per quel disastro. Gli accertamenti giudiziari e le vicende processuali, sottoposti ai vincoli degli accordi internazionali, si conclusero con un nulla di fatto. Dopo sette ore e mezzo di camera di consiglio, il 3 marzo 1999 arriva il verdetto di assoluzione. Clamoroso e inappellabile. La strage diventa un incidente, la morte di venti persone si trasforma in una pura casualità nella routine aviatoria.
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