“Noi, partecipanti al Sinodo pan-amazzonico, condividiamo la gioia di vivere in mezzo a numerose popolazioni indigene, quilombolas, di abitanti delle rive dei fiumi, di migranti e a comunità delle periferie delle città di questo immenso territorio del pianeta. Con loro abbiamo sperimentato la forza del Vangelo che opera nei più piccoli. L’incontro con questi popoli ci interpella e ci invita ad una vita più semplice di condivisione e gratuità”.
Comincia così il “Patto delle Catacombe” che un gruppo di vescovi, cardinali, religiose e religiosi, laiche e laici membri o collaboratori del Sinodo sull’Amazzonia hanno firmato all’alba del 20 ottobre, durante la Messa, presieduta dal Card. Hummes e celebrata nelle Catacombe di Santa Domitilla.
Molti pensieri girano per la mia testa quando scorro le foto dell’evento che mi sono arrivate quasi in tempo reale.
Ricordo le parole di Papa Paolo VI in occasione di una sua visita alle Catacombe di Santa Domitilla: “Qui il cristianesimo affondò le sue radici nella povertà, nell’ostracismo dei poteri costituiti, nella sofferenza di ingiuste e sanguinose persecuzioni; qui la chiesa era spogliata di tutto il potere umano, era povera, umile, pia, oppressa, eroica: qui il primato dello spirito, di cui il Vangelo ci parla, aveva la sua affermazione oscura, quasi misteriosa, ma invocata, la sua incomparabile testimonianza, il suo martirio”.
Poi mi si rifà presente il primo “Patto delle Catacombe” firmato poco prima del termine del Concilio, quando vescovi a noi cari fra i quali Helder Camara, Aloisio Lorscheider, Enrique Angelelli, Luigi Bettazzi, dopo aver assunto l’impegno di vivere poveri accanto ai poveri, denunciando le ingiustizie sociali, concludevano dicendo:
“Ci impegniamo a condividere la nostra vita, nella carità pastorale, con i nostri fratelli in Cristo, sacerdoti, religiosi e laici, affinché il nostro ministero costituisca un vero servizio; in questo modo: ci impegneremo a rivedere la nostra vita con loro; cercheremo collaboratori che siano più animatori secondo lo Spirito che capi secondo il mondo; cercheremo di renderci presenti e accoglienti umanamente; saremo aperti a tutti, qualunque sia la loro religione”.
In questi ultimi anni, l’Amazzonia e la sua gente mi stanno facendo riscoprire il valore della Terra come Casa Comune dell’Umanità. Sento il valore simbolico di aver lanciato questo patto ecclesiale dalle catacombe, dal cuore della terra. Dal cuore della terra la Chiesa primitiva, nel dolore, si è aperta alla vita, dal cuore della terra il Sinodo si apre perché nuova Vita arricchisca la Chiesa.
Con enorme commozione leggo e faccio miei gli impegni che questa mattina e in questo scenario sono nati fra alcuni nostri fratelli riuniti nel Sinodo:
1. Difendere nei nostri territori e con le nostre azioni la foresta amazzonica.
2. Riconoscere che non siamo i padroni della madre terra, ma siamo i suoi figli e le sue figlie, formati dalla polvere della terra.
3. Accogliere e rinnovare ogni giorno l’alleanza di Dio con ogni cosa creata.
4. Rinnovare nelle nostre chiese l’opzione preferenziale per i poveri, in particolare per i popoli indigeni, e garantire il diritto che siano protagonisti nella società e nella Chiesa.
5. Accogliere e valorizzare la diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le tradizioni spirituali.
6. Denunciare tutte le forme di violenza e aggressione contro l’autonomia e i diritti delle popolazioni indigene, contro la loro identità, i loro territori e i loro modi di vivere.
7. Annunciare la novità liberatrice del vangelo di Gesù Cristo, nell’accoglienza dell’altro e del diverso.
8. Camminare ecumenicamente con altre comunità cristiane nell’annuncio inculturato e liberatorio del Vangelo.
9. Stabilire nelle nostre chiese locali uno stile di vita sinodale, in cui i rappresentanti dei popoli indigeni, missionari e laici, in nome del loro battesimo e in comunione con i loro pastori, abbiano voce e voto.
10. Impegnarci urgentemente a riconoscere i ministeri ecclesiali già esistenti nelle comunità.
11. Rendere effettiva nelle comunità a noi affidate il passaggio da una pastorale della visita a una pastorale della presenza, assicurando che il diritto alla Parola e all’Eucaristia diventi effettivo in tutte le comunità.
12. Riconoscere i servizi e la reale diaconia delle donne che oggi guidano un gran numero di comunità in Amazzonia e istituire un adeguato ministero femminile di leader delle comunità.
13. Trovare nuovi percorsi di azione pastorale nelle città in cui operiamo, valorizzando laici e giovani.
14. Di fronte all’invasione del consumismo, assumere uno stile di vita gioiosamente sobrio, semplice e solidale con coloro che hanno poco o niente.
15. Metterci accanto a coloro che sono perseguitati per il servizio profetico di denunciare e riparare le ingiustizie, di difendere la terra e i diritti degli umili, di accogliere e sostenere migranti e rifugiati. Coltivare vere amicizie con i poveri, visitare i più semplici e i malati.
Non so quando sarà pronto il documento finale del Sinodo, però so che il vino nuovo è abbondante e lo Spirito già da tempo sta fabbricando gli otri nuovi adatti alla sua effervescenza.
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