Carissimi amici,
vi scrivo con l’augurio che la vostra fiducia sia nel Signore Gesù.
Ricevo qualche informazione tramite il nostro superiore in Italia che tiene i contatti con noi in missione via mail. Anche qui in Uganda la situazione sta diventando critica. Sono apparsi dei casi anche nella nostra zona di Mbarara. Da tre settimane sono chiuse le scuole, le chiese e tutti i servizi di trasporto.
Col primo aprile hanno bloccato tutte le auto private. Sono permessi i camion da carico. Ci si può spostare solo a piedi e quindi vedi file di gente lungo la strada, zaino in spalla, che cammina per giorni e giorni per tornare a casa. Se un’ammalato deve andare in ospedale, deve cercarsi un’ambulanza e pagarsi il trasporto anche per quelle governative.
I casi di ammalati da coronavirus sono arrivati da Dubai e da persone scappate dal Rwanda. Io, una settimana fa, ho lasciato Sanga dove sto costruendo la nuova missione. Ho portato a casa tutti gli operai appena prima che bloccassero il movimento delle auto private e sono venuto a stare nella missione dove ero precedentemente, cioè a Kyamuhunga. Qui c’è un nostro padre anziano, padre Paolino di Lamezia Terme. Ho pensato di non lasciarlo solo e di venire a stare con lui, anche perché lui stesso me lo ha chiesto.
La gente qui non è preparata e se la malattia prende piede, sarà una tragedia, più che in Italia… Non è assolutamente preparata a guardarsi dai contagi e neppure può stare chiusa in casa. La gente deve andare a lavorare per poter mangiare e poter vendere i prodotti agricoli a chi cerca cibo. E così avvengono i contagi. Non ci sono strumenti ospedalieri di aiuto alla respirazione e neppure c’è alcun aiuto da parte del governo per le medicine. Uno si salva solo se il suo corpo reagisce producendo gli anticorpi.
I dottori degli ospedali governativi, per mancanza di sufficiente protezione, abbandonano gli ospedali per paura dei contagi, come è avvenuto qualche anno fa per l’Ebola.
Siamo nelle mani di Dio. I cattolici pregano tutte le sere il Rosario, ciascuno nella propria famiglia.
Da parte nostra i contatti con le persone sono solo per telefono, o quando devo uscire per cercare cibo. A Kyamuhunga sono vicino all’ospedale e aiuto gli ammalati che vogliono tornare dalla loro famiglia, pagando io la benzina per l’ambulanza che li porta a casa. L’ospedale non è in grado di assumersi questa spesa.
Da una settimana, per contenere il contagio, è stato proibito l’uso di qualsiasi mezzo di trasporto persone. Quindi niente taxi, pullman, motorini. Sono state bloccate anche tutte le auto private, quindi anche la mia, e così non posso più aiutare la gente a piedi caricandoli sul cassone del mio pick-up. Possono circolare solo i camion e le ambulanze, ma gli ammalati o le partorienti devono pagare la benzina: un litro costa 1 euro, cioè mezza giornata di un manovale.
Si vedrà cosa si potrà fare per il cibo degli ammalati che deve essere procurato dai parenti, perché qui in Uganda il governo non dà nessuna assistenza, né per le medicine, né per gli interventi, né per il letto dell’ospedale. Tutto deve essere pagato dal singolo individuo.
Così siamo in attesa… Io sto facendo, oltre alla preghiera, una ricerca su vari aspetti della vita di Gesù e il suo insegnamento. Mi servirà, se si sopravvive, per un libretto di catechesi per questa gente che ancora non ha alcun sussidio.
Avevo in programma di venire in Italia a maggio per il 50° di Ordinazione sacerdotale e prima Messa. Mi sarei incontrato con i miei compagni di Messa a Limone sul Garda, casa del Fondatore. Ne avevo parlato anche con don Augusto, il parroco del mio paese. Non che io sia interessato per la mia persona, ma lo vedo come un’occasione per riflettere con la comunità cristiana sull’Eucarestia e sul ministero sacerdotale nella Chiesa. Questa mia visita quindi salta e si vedrà per il futuro cosa fare.
Intanto invito anche voi alla recita del Rosario, ciascuno nella propria famiglia, in comunione con tutti quelli che nel mondo recitano il rosario. Che il Signore Gesù, per intercessione dei Santi e della Madonna, ci liberi da questa pestilenza e ci aiuti a scoprire i valori umani e spirituali nella vita dell’uomo, che ha come meta finale l’incontro con Dio e con le persone che sono state vicine a noi.
Che il Signore Gesù, che ha voluto essere vicino agli uomini assumendo la natura umana, facendosi uomo e morendo in croce, sia per noi il Signore della nostra vita che ascoltiamo e seguiamo con coraggio e determinazione, confidando in Lui in questo momento di grande sofferenza.
Preghiamo per tutti coloro che vivono nella solitudine, nella povertà di cibo, nella malattia e per coloro che svolgono il loro lavoro a sollievo degli ammalati. Preghiamo anche per coloro che sono morti senza la vicinanza dei loro cari o di amici.
Vi saluto di cuore e nella preghiera vi ricordo.
(Padre Franco Bertò, missionario comboniano a Kyamuhunga, Uganda)
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