Don Guetti, se si cancella la pietra miliare di Quadra

La sede della Cassa Rurale di Quadra

Lo spunto

Fra le brutte notizie che purtroppo i mass media ogni giorno diffondono, quella che più ci ha colpito è stata, cooperatori da sempre, la chiusura della prima Cassa Rurale del Trentino fondata da Don Lorenzo Guetti nel lontano 1892 a Quadra del Bleggio. Il fatto più grave per noi è l’attuale incapacità di chi gestisce oggi la cooperazione di salvare, come pietra miliare, una struttura che sicuramente non avrà il giro di capitali delle mega organizzazioni che oggi si cercano di attuare, ma rappresenta, per la storia trentina, un punto di riferimento che non deve essere cancellato.

È ben vero che nel nostro tempo si dice che tutto sia in crisi, ma i valori ai quali Don Guetti faceva riferimento dovrebbero essere, pur aggiornati, validi anche per i cooperatori di oggi.

La cooperazione trentina sta subendo modifiche in una logica di globalizzazione che la gente trentina difficilmente capisce. É ben vero che un tempo forse gli sportelli delle Casse Rurali erano distribuiti a pioggia, anche troppi in alcune valli. Ma da qui alla chiusura e alla riduzione di molti servizi …c’è da fare qualche riflessione. Dagli addetti ai lavori ci si sente rispondere che se vogliamo stare in Europa ormai la piccola Cassa Rurale non può più esistere e quindi bisogna associarsi ad altre strutture di fuori provincia con la sola gratificazione di mantenere per il momento a Trento il management generale.

Molti trentini si chiedono perché la vicina provincia di Bolzano riesca a mantenere in attività le sue Raffeisen mentre a Trento sembra che la globalizzazione sia l’unica ancora di salvezza per i soldi dei soci e i clienti delle varie Casse. Addirittura si sente dire che anche il Mediocredito, vanto della Regione per l’aiuto alle piccole e medie imprese, possa finire in questo magnum ove tutti devono confluire.

In questo momento, chi frequenta le Casse Rurali, nota che qualcosa è cambiato con un turnover di personale eccessivo e con molti sportelli, nelle varie sedi, chiusi.

A nostro parere a diventare una grande banca si corre il rischio di finire com’è finita la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e la BTB (Banca di Trento e Bolzano) che ormai sono state fagocitate dalle banche nazionali, che trovano in Trentino un terreno fertile per le loro espansioni. Non per polemica ma come stimolo a ripensare ai principi fondatori di Don Guetti; chi è al timone di queste grandi operazioni di unificazione, dove Lavis ha già dimostrato qualche disagio, rifletta e, guardando a nord, in questo nostro mondo di confine, l’esempio di Bolzano e del vicino Tirolo possano essere motivo di riflessione.

Paolo Cavagnoli

Le casse rurali sono state al centro di commenti, polemiche, dubbi e anche rancori nelle riflessioni che hanno segnato il passaggio al nuovo anno 2020. E’un segno di quanto siano percepite come importanti dalle genti trentine, non solo strumenti di credito, ma espressione di identità territoriale. E’, questo, un valore aggiunto decisivo che le dirigenze bancarie non dovrebbero smarrire, oggi che lo stesso Trentino sta smarrendo se stesso, con una rinuncia della cosiddetta classe dirigente a presidiarne i fondamentali (comunicazione, giornali … ) con una politica populista e rissosa (milioni per allungare uno skilift e precarietà sottopagata nei lavori più utili) senza dimenticare i Comuni unificati e perduti, che cancellano radicamenti millenari ripudiando il loro stesso nome.

Nelle istituzioni (civili ed economiche) la tradizione è un valore aggiunto, non un peso o un costo, e questo vale anche per il caso di Quadra. Che errore! Non si smantellano (si lucidano semmai, come usa ricordare Gino Lunelli per il Ferrari) gli stemmi di famiglia, i marchi commerciali, le insegne della storia.

In questa cornice non possono quindi stupire le reazioni negative alle “fusioni”, tali e tante da rivelarsi quasi un “boomerang”. Perché, se poi manca il senso di appartenenza (e lo danno l’uomo e la donna allo sportello, la fiducia che ispirano, non la macchinetta sputasoldi) una banca vale l’altra, non ci sono più soci, ma clienti, di fatto semplici utenti, che quando si mettono gli euro in tasca non pensano certo alla loro terra o alla solidarietà cooperativa, ma a non farsi truffare dai sempre più numerosi imbroglioni della rete. Anche l’alternarsi troppo frequente dei “consulenti privati”(perché chi ha esperienza costa e i “nuovi” sono più pronti a dire ciò che si vuol far loro dire?) è cosa deleteria e contribuisce a togliere quella fiducia che sola regge il sistema delle Rurali.

Oggi siamo ormai “dentro” un altro mutamento decisivo e i “soci” devono esserne consapevoli. Devono tener alte le loro esigenze di contatti umani, ma devono fare attenzione a non rompere il “giocattolo” territoriale che il Trentino ha saputo costruire. Perché appare a tutti chiaro che le Rurali sono uscite con i conti per lo più in ordine da una crisi in cui si sono “svenate”(il giudizio è di alti dirigenti della Banca d’Italia) per sostenere l’economia trentina, ma appare altrettanto chiaro che i nemici del credito cooperativo restano sempre numerosi ed agguerriti, perché dà fastidio (ed è meno dominabile) un sistema di economia civile, che non può essere “comperato e venduto”rispetto alla globalità finanziaria dei “mercati”. Su questo scenario una “cassa centrale”in grado di avere voce e tenere le posizioni a livello nazionale e internazionale appariva necessaria perché le casse minori non venissero spazzate via, o piegate ai voleri politici dominanti (la minaccia è sempre in agguato) o perdere le professionalità informatiche che nel Trentino, anche grazie ai suoi istituti di ricerca, si sono affermate. Corrisponde anche alla vocazione dell’Autonomia (e della Cooperzione) essere laboratorio e “prestarsi”(come voleva Degapseri) a realtà esterne. La sfida è complessa e i soci delle Rurali devono riconoscerla, anche perché il Trentino è cambiato e va ricomposto nelle sue valli e nelle sue appartenenze, ma anche nel rigore dei suoi cittadini. Perché non tutti sono stati “galantuomini” (condizione che don Guetti indicava come essenziale per essere “commontanari”e cooperatori) altrimenti i crediti deteriorati (che portano a molte fusioni) non sarebbero stati così numerosi, e perché la partita oggi, più che rimpiangere i vecchi tempi, è quella di preparare professionalità bancarie di cui il Trentino è carente (non basta fare l’università, occorre anche “sentire” il territorio) che è un’altra delle ragioni che portano alle fusioni. La complessità della normativa e delle procedure, infatti, è diventata tale che non basta un maestro volonteroso o un parroco perspicace, e neppure un bravo commerciante, per affrontarla. E allora i soci devono tener alte le loro esigenze, ma collaborare per mettere a punto, insieme, il nuovo sistema creditizio che il Trentino richiede. Vertenze e recriminazioni avranno come risultato solo quello di dividere ancor più questa terra e di indebolirla.

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