«Resto a casa» è il motto ai tempi del COVID-19. Dove, magari, ci capiterà di guardare il nostro nido meno distrattamente, rivalutando il piacere, anzi il privilegio, di averla, una casa. Il che passa spesso in secondo piano, anche nelle agende dei governi. Infatti le politiche per offrire un alloggio a chi non se lo può permettere sono sottovalutate, non da oggi e non soltanto in Italia. Nel 1987 un politologo norvegese, Ulf Torgersen, si guadagnò un posto in letteratura definendole «il pilastro traballante» dello Stato sociale.
In tutti i Paesi europei l’investimento in politiche abitative è piuttosto basso (l’Italia è agli ultimi posti) anche per la diffusione delle case di proprietà.
Nel nostro Paese (Trentino compreso) meno di 2 famiglie su 10 sono in affitto. Tuttavia, dalla fine degli anni Novanta la vulnerabilità abitativa anche di soggetti tradizionalmente non poveri è in crescita. In Trentino, 4 famiglie su 10 lamentano spese troppo alte per l’alloggio; una su dieci lo ritiene troppo piccolo, per non dire del senso di precarietà di chi lo sta cercando in affitto. Il problema casa non è debellato, è soltanto circoscritto, e reclama un sostegno diretto o indiretto al mercato, che faccia da barriera all’esclusione sociale.
Da noi questa barriera si chiama ITEA.
La S.p.A., con socio unico la Provincia, realizza alloggi per chi non ha mezzi sufficienti, su graduatorie delle Comunità di Valle e dei Comuni di Trento e Rovereto. L’Istituto provvede per le locazioni, le manutenzioni e i servizi all’utenza, comprese le situazioni critiche. L’offerta abitativa è di 11 mila appartamenti che, al netto di quelli in ristrutturazione o adibiti ad altri usi, ospitano 9.774 famiglie. Gli assegnatari sono per il 94% europei (91% italiani) e soltanto il 6% è extracomunitario; il 63% dei nuclei familiari ha uno o due componenti, il 30% ne ha da tre a cinque, mentre il 7% ne ha più di sei. Il canone di locazione medio è di € 145 mensili.
L’impatto sociale di queste cifre è evidente, tuttavia la domanda di alloggi pubblici è molto intensa: nel 2018 oltre tremila richieste, contro 340 assegnazioni, poco più dell’11%.
Il welfare provinciale interviene perciò anche con contributi sulle locazioni di mercato: ne sono stati concessi oltre 4 mila nel 2018, elevando il grado di soddisfazione del fabbisogno al 79%.
Ma ci sono anche importanti aspetti qualitativi – sottolinea il direttore generale Stefano Robol – come la riqualificazione urbana ed energetica, con pregevoli recuperi di centri storici. Tradotto: le case ITEA sono anche belle e ben fatte. C’è poi la qualità della convivenza, che implica rispetto (la «carta dell’inquilino», a punti, scoraggia le piccole trasgressioni) e socialità. «In alcuni momenti di ritrovo – osserva il responsabile delle relazioni esterne, Sandro Franceschini – emerge un orgoglio di appartenenza al “popolo ITEA” che produce contaminazione di valori sociali».
Per l’Istituto, che accoglie anche un centinaio di associazioni no profit, è una traccia verso il futuro. Secondo il Presidente Salvatore Ghirardini «l’ITEA, in sintonia con la Provincia, è incamminata su un nuovo corso della politica della casa, più vicina alle esigenze dei territori e più rigorosa sul rispetto delle regole che assicurano la civile convivenza e tutelano le condotte partecipative e positive della stragrande maggioranza del nostro inquilinato ». La barriera al disagio abitativo difende la coesione del sistema trentino. Dev’essere robusta, accurata e amata.
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