Bene il Fondo Ripresa, ma non basterà

Una riunione dei capigruppo – a distanza – in Consiglio provinciale. Foto Zotta

I pesanti effetti recessivi del Covid-19 richiedono anche in Trentino una terapia d’urto. Ad avviarla è stata la legge provinciale n. 2 del 23 marzo, approvata con lodevole celerità, per eliminare l’acconto IMIS e sveltire appalti, contratti e incentivi alle imprese: un intreccio di norme da snellire con altre norme, sperando che non s’ingarbuglino.

Con una delibera di due giorni dopo, la Giunta provinciale ha poi puntato su nuove agevolazioni creditizie, seguendo – parrebbe – il vecchio adagio, un po’ provocatorio, secondo cui le imprese non vivono di profitti ma di incassi, e non muoiono di economia, ma di finanza.

Sarà banale, ma in quel detto, in cui la finanza è come l’ossigeno, risuona la tragica evidenza di queste settimane: prima bisogna respirare, poi viene tutto il resto. Così anche questo intervento, che dà ossigeno finanziario, è stato allestito alla svelta, grazie alla sinergia Provincia-banche, testata dal Tavolo del credito, un organismo che quando serve sa essere pragmatico. Alle imprese di tutti i settori e ai lavoratori autonomi trentini viene offerta una linea di finanziamenti di 250 milioni – il beneaugurante «Fondo Ripresa Trentino» – e la possibilità di sospendere o rinegoziare i mutui in essere, allungandone la durata.

Questo ristoro al danno della pandemia spetta qualora fatturato, ordinativi o incassi siano ridotti di almeno il 10% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Aderendo al protocollo, le banche e altri intermediari erogheranno finanziamenti a 24 mesi, da rimborsare a scadenza per intero o con ulteriore rateazione. Interessi interamente coperti dal contributo PAT (salvo uno 0,50% a carico delle imprese più strutturate); garanzia Confidi all’80% senza costi di commissione; istruttoria prioritaria e semplificata: una boccata d’aria pura, appunto. Ma non solo: anche nuovo credito per una ripartenza con rilancio.

Basterà? Difficile. A quanto si desume da recenti interrogazioni, il Presidente Fugatti e gli Assessori di merito si sarebbero già impegnati a un confronto con le opposizioni per un’ulteriore batteria di misure, da inserire in un nuovo disegno di legge previsto entro il mese. In effetti, per compensare perdite di fatturato irrecuperabili o costi di lavoro non prestato, servirebbero anche integrazioni di reddito o di capitale, non soltanto prestiti. Soccorrono a questo fine iniziative statali d’impatto, come l’indennità INPS di 600 euro per artigiani e lavoratori autonomi; dalla Provincia è tuttavia ragionevole attendersi una manovra con una propria identità e consistenza, coerente con il potenziale dell’autonomia, in accordo con le parti sociali.

Le azioni di contesto di Trentino Sviluppo, con i suoi centri d’innovazione, e gli aiuti agli investimenti in conoscenze e tecnologie, simboli della politica economica provinciale, potrebbero essere rilanciati sull’economia digitale e sulla transizione ecologica, fungendo nel contempo da supporti anticrisi, senza escludere specifici aiuti per la continuità delle imprese e dell’occupazione, come suggerito dal prof. Leonardo Becchetti in un intervento su Avvenire del 27 marzo scorso. In quest’emergenza un obiettivo si staglia al di sopra di ogni titubanza o purismo ideologico: tenere in vita le aziende, non rassegnarsi a perderne nemmeno una che abbia chance di recupero, usando tutta la potenzialità del sistema trentino, compreso qualche sostegno straordinario inapplicabile in tempi normali. Teniamoci ben strette le nostre imprese: ci ripagheranno, con un acconto in coesione sociale.

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