Come? Semplicemente, andando a ripristinare una porzione boschiva che sovrasta il suo paese, Sardagna, appartenente al patrimonio di uso civico della locale circoscrizione e amministrato dall’Azienda Forestale Trento-Sopramonte. Quella per cui alcuni abitanti di Sardagna sarebbero disposti a impugnare vanga, zappa, forbici e rastrello e che nella migliore delle ipotesi potrebbe nascere a metà dell’estate prossima – autorizzazioni concedendo – sarebbe una soluzione copernicana in quel dove: un “orto botanico condiviso”, archetipo in Trentino, finalizzato alla conservazione della biodiversità agricola alpina.
Su un versante a quota 700 metri, in località “Rocol”, un lotto dismesso di 2.600 metri quadrati e piuttosto familiare ai residenti perché lì vi attecchivano gli ortaggi del parroco, si presterebbe, secondo le dichiarazioni del suo ideatore, per metà all’orticoltura e per la restante parte ad alberi da frutto, camminamenti, area informativa, pannelli esplicativi e punto panoramico sul capoluogo.
“Ho in mente un bel vivaio, non un orto urbano”, spiega l’architetto. “Uno spazio per riportare la gente in campagna, e ancor più per riscoprire le colture alimentari di una volta”. Rabarbaro, oro, segale, lino, grano saraceno, le varietà da piantare col tramite di agronomi e anziani del posto, generalmente dispensatori, quest’ultimi, di un inestimabile corollario di saperi rurali.
Un’associazione ad hoc garantirebbe la gestione di questo progetto che, però, senza volontari resterà al palo. “Dalle prime opinioni dei paesani sembrerebbe ci siano i numeri per incominciare”, sottolinea il tecnico. “Però sarebbe triste se le persone che lamentano una cattiva gestione del Bondone non si interessassero a questa iniziativa”. Gli associati godranno dell’affidamento a titolo gratuito di un terreno livellato, scarificato e servito da un impianto di irrigazione ex novo. Sarà compito loro coltivarlo e custodirlo confidando nella Comunità Murialdo, nell’azienda forestale di competenza e nell’associazione “La Pimpinella” specializzata in biodiversità e tecniche di coltivazione.
Venti i potenziali aderenti, tra i soli censiti di Sardagna, e venti le probabili suddivisioni del lotto. Ciascuno responsabile della sua frazione e il tutto accessibile al pubblico, in modo libero e gratuito, senza vincolo di orario. “Potremo essere a turno in due o tre settimanalmente per l’accompagnamento di scolaresche o gruppi di turisti pensando di usare l’orto anche per il mercato contadino o manifestazioni varie”, prospetta speranzoso Daniele Berloffa.
Ecco perché sulla carta sono menzionati anche un collegamento con la strada romana sottostante, l’allacciamento idrico e i servizi igienici. Come pure la ricostruzione in pietra e paglia del rudere del “roccolo”, struttura ottocentesca per l’uccellagione con reti fisse in uso fino alla metà del secolo scorso. Con i suoi 5,5 metri d’altezza e articolato su due piani fuori terra si presterebbe a ricovero per l’attrezzatura agricola manuale. Mancando, però, documentazione della struttura status quo ante il suo collasso, poco importa l’esatto restauro. A contare è il recupero di una nuova forma di socialità incentrata su un fazzoletto di terra da condividere.
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