Nestore Capozzi, i cento anni di un magistrato modello

Nestore Capozzi, magistrato in pensione

Lo spunto

Cento anni ormai non rappresentano più una data rara, ma a noi sembra bello segnalare che il primo presidente del tribunale dei minorenni di Trento, il dottor Nestore Capozzi, che ha raggiunto un così bel traguardo, merita, da parte di chi ha avuto la fortuna di lavorare con lui per oltre trent’anni, una menzione.

E’ il dottor Capozzi un personaggio interessante, in quanto nella professione sapeva unire al ruolo spesso autoritario del magistrato l’umanità che il lavoro con i minori sempre richiede. Per tanti anni, oltre alla piccola delinquenza che caratterizzava il momento storico del suo operato, importante è stato il settore delle adozioni ove il presidente Capozzi spesso verificava anche in loco l’idoneità della coppia adottante e l’ambiente in cui il futuro figlio sarebbe andato a vivere. In Trentino infatti molti lo ricordano con stima per la sua disponibilità, non rifuggendo a volte di pranzare anche con la coppia adottiva. Questo particolare sta a dimostrare come il lavoro nel tribunale dei minorenni, che generalmente crea un attimo di “suspence”, veniva avvicinato alla gente in modo semplice ed empaticamente costruttivo.

Nato a Viterbo, dopo la carriera accademica, e passati i vari livelli presso sedi periferiche, venne a Trento e qui decise di stabilire la sua vita assieme alla moglie e ai due figli che, ormai adulti, lo hanno reso un nonno felice.

Il dottor Capozzi, da magistrato di antico stampo, non si è mai fatto coinvolgere in attività sociali e di vario tipo, salvo in via eccezionale diventando socio fondatore dell’A.P.P.M. (Associazione Provinciale per i Minori). Oggi che il dottor Capozzi è un centenario noi, fedeli collaboratori nel delicato settore dei servizi sociali, ci rendiamo conto di aver avuto nel presidente del tribunale dei minorenni di Trento un punto di riferimento sicuro, e di fatto i provvedimenti presi hanno, nella maggioranza dei casi, trovato soluzioni più che soddisfacenti. Quindi la testimonianza del magistrato di via Rosmini per noi è un esempio da seguire ed è auspicabile che ciò avvenga anche per le nuove generazioni di amministratori della giustizia.

Paolo Cavagnoli

I cento anni di Nestore Capozzi sono un traguardo per festeggiare e ringraziare un uomo che tanto ha dato, con le sue scelte di vita e di professione, al Trentino. Ma sono anche l’occasione per riflettere su un problema – quello del disagio giovanile – legato ai mutamenti della storia, ma sempre più drammatico ai nostri giorni. Par quasi che il mondo virtuale, che ormai avvolge la quotidianità, produca per contrappasso una realtà caratterizzata da comportamenti di violenza spesso autodistruttivi nei ragazzi, quasi che dalla gabbia informatica si possa uscire solo attraverso la trasgressione. Il disagio minorile (chiamiamolo così) è peraltro cosa antica: non va dimenticato per poter affrontare con lucidità i problemi d’oggi. Basta leggere Dickens per rendersene conto, o riandare alla stagione disperata dei Werther e degli Jacopo Ortis, o alla gioventù sbandata (come si chiamava) dall’industrializzazione e dalle guerre (“Senza famiglia” di Ettore Malot, l’indimenticabile “Cani perduti senza collare” di Cesbron) per finire ai “teddy boys” degli anni Cinquanta … Ma oggi si registra un’emergenza non solo perché la droga devasta gli adolescenti e le loro famiglie più di una guerra (l’Adige del 27 ottobre: “Droga a scuola a 15 anni”) ma anche per un bullismo crudele che pare uscito da ogni controllo (l’Adige del 26 ottobre: “L’accusa: istigazione al suicidio per la morte del ragazzino ricattato sul web”.)

Sono solo esempi, ma tali da mostrare come non bastino le ammonizioni, o le punizioni, per contrastarli. La “giustizia” da sola non ristabilisce relazioni ordinate, mentre buonismo e permissivismo diventano alibi alle stesse trasgressioni. La scuola si pone come prima vittima, mentre la famiglia è spesso impotente, o perché è anch’essa parte del problema o perché, come accade, i genitori, sono gli ultimi ad essere ascoltati. Occorrono presenze, vicinanze … ma nessuno ha soluzioni precostituite in mano. Ed è proprio questo che il giudice Nestore Capozzi ha compreso, come pioniere di una visione profonda del disagio giovanile, mettendo in gioco se stesso, non solo il suo ruolo di magistrato. Non una lezione da impartire quindi, ma un esempio, un metodo al quale ispirarsi. Capozzi ha mostrato che la giustizia è necessaria, ma non sufficiente ad affrontare i problemi dei minori, a riprenderli sul presente, ma anche a preparar loto un futuro che non sia di risentimento e vendetta verso la società. L’ha fatto rivalutando un umanesimo integrale – oltre ogni tecnicismo giuridico – capace di rivalutare tutto ciò che “costruisce” un uomo (che di un ragazzo fa un uomo) senza restare prigioniero del legame” trasgressione-pena”. L’ha fatto “entrando” (con tatto e pudore) nelle vite dei ragazzi, ma anche delle famiglie, dei loro problemi. Come ha potuto farlo? Perché egli stesso è sempre stato curioso di una vita piena, non limitata ai codici e alle carte. Una vita fatta di umanità, di valori, di amicizie autentiche, di ricercata serenità: per gli altri prima che per sé.

Ama la lettura, la natura, lo sci da fondo alla Viote, che praticava con gli amici anche negli ultimi anni, e voleva che anche i “suoi” ragazzi potessero vivere queste gioie. Condividerle. E’ stato questo il suo segreto. Ha attraversato un secolo difficile il giudice Capozzi, ed è lui, con i suoi cent’anni, che fa un regalo a tutto il Trentino. Auguri.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina