“Echi nella Valle”, un racconto fotografico della Grande Guerra

Il pensiero di un soldato inciso in una feritoia a Cima Mezzana, in Vallagarina, nello scatto di Andrea Contrini
Morti, grida disperate e scontri da una trincea all’altra, e poi? Che cosa ne resta dei luoghi della Grande Guerra dove centinaia di soldati hanno esalato il loro ultimo respiro? A raccontarlo sono le fotografie del roveretano Andrea Contrini che quattro anni fa ha deciso, tra una ricerca in biblioteca e l’altra, di andare alla scoperta delle ultime tracce della prima guerra mondiale, documentando la trasformazione di quei luoghi su cui cent’anni fa si sono consumate feroci battaglie.

Dall’Altissimo al Pasubio, passando da Vallagarina, Val di Gresta, Brentonico e Vallarsa: un viaggio fotografico alla scoperta delle ferite della Grande Guerra, a volte quasi inghiottite dalla natura, altre volte ancora vivide nel terreno, come se gli eserciti si fossero appena ritirati. “Attraverso la fotografia ho cercato di legare elementi di luce a capisaldi e postazioni, cercando così di riscattare questi luoghi”, spiega Contrini. “Si tratta infatti di posti che evocano battaglie, ma che con il tempo hanno trovato la loro pace”.

Da solo sulle montagne del Trentino, un tempo avamposti conquistati all’ultimo respiro, Andrea si è immerso nel silenzio della natura, provando a immaginare il rumore le urla dei soldati, di cui oggi è rimasto solo l’eco. Ed è proprio “Echi nella Valle” il titolo che il fotografo ha voluto dare alla sua mostra che sarà inaugurata alle 11 sabato 22 novembre alla Casa Legàt di Volano, in occasione della rassegna editoriale “Tra le pagine del conflitto” curata dalla Comunità della Vallagarina. Rimarrà aperta (ingresso libero) fino al 30 novembre, tutti i giorni dalle 18 alle 20, la domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 18 alle 20.

“Si parla spesso di Grande Guerra attraverso immagini e filmati di morte e distruzione, ma non si racconta mai ciò che è rimasto del passato”, continua il fotografo. “Pasubio, Zugna e Altissimo non sono solo nomi che evocano azioni militari, ma sono luoghi che si sono riappropriati della quiete, dove la natura avvolge con la sua irruente bellezza le antiche ferite”. Ferite che non sono solo trincee, postazioni, filo spinato, ma anche parole. Come quelle trascritte dai soldati, che Contrini ha potuto fotografare, raccontando i segni della vita quotidiana dei combattenti.

“In alcune caverne e feritoie ho trovato varie scritte”, conclude Andrea Contrini. “Alcune riportavano informazioni sulle divisioni militari, altre erano frasi patriottiche, altre ancora ricordavano un nome e una data”. Tra questi ricordi scalfiti sulla roccia, Andrea ha trovato l’ennesimo contrasto che lui stesso ha cercato di sottolineare, legando la guerra all’armonia di questi paesaggi. Una frase, scritta da un soldato, magari di fretta, in una feritoia su cima Mezzana a passo Buole. Tre parole: “Viva la pace”. Chissà chi era quell’uomo, ma senza saperlo, scrivendo questa frase mentre fuori rimbombava il fuoco nemico, ha ridato speranza a tutta l’umanità. Di ieri e di oggi.

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