“Non discorsi campati in aria, ma proposte concrete, che siano utili”. L’auspicio del Papa al summit del Mediterraneo in corso a Bari ha spinto il cardinale presidente della CEI Gualtiero Bassetti a prospettare l’impegno deciso di “raddoppiare” l’esperienza esemplare di Rondine, il piccolo borgo vicino ad Arezzo dove da vent’anni convivono e studiano gomito a gomito giovani provenienti da Paesi in conflitto.
Visitandolo, all’ombra di una fortezza medioevale che sarà quindi ristrutturata per ampliare questo laboratorio di convivenza, ti colpisce il sorriso che accomuna studenti universitari un tempo separati fra loro, anche se nati sotto lo stesso cielo.
Ti capita di salutare, vicini di stanza, il russo e il ceceno, il serbo e il croato, l’israeliana Yahel e il palestinese Ibrahim, che era rifugiato in Libano e che ora sulle rive toscane dell’Arno tocca con mano la riconciliazione possibile: “Qui ho potuto conoscere chi sta dall’altra parte del muro – dice Ibrahim – Insieme vogliamo diventare fautori di dialogo fra popoli in guerra”.
Basta trascorrere un fine-settimana in questa “Cittadella della pace” per comprendere peraltro come i conflitti non si risolvono con una frettolosa stretta di mano. Ci vuole tempo, la pazienza di ricucire le ferite del passato e la prudenza di rispettare identità e percorsi anche religiosi differenti. Eppure i “prodotti” usciti dalla laboriosa permanenza in questi vent’anni a Rondine continuano a moltiplicarsi: sono oltre duecento i giovani laureati, di venticinque nazionalità un tempo “nemiche” fra loro, che dopo aver frequentato per due o tre anni indimenticabili lo studentato a Rondine sono tornati nei loro Paesi. Le chiamano “rondini d’oro”, per incoraggiare il compito che si sono assunti nei martoriati contesti nazionali, quello di essere ciascuno un “leader di pace”. E’ questa anche la figura che sta al centro di una campagna presentata dagli studenti di Rondine a Papa Francesco, ai presidenti Mattarella e Conte e ai 193 Paesi rappresentati all’ONU perché convertano le spese destinate ad un’arma a finanziare una borsa di studio.
Dall’incontro di Bari, uscirà dunque la scelta di sostenere, attraverso il coinvolgimento di Caritas Italiana, la diffusione di Rondine e del suo metodo in Italia e negli altri Paesi (Egitto, Libia, Tunisia, Marocco, Algeria e Turchia) coinvolti nel progetto “Una nuova classe dirigente per la sponda sud del Mediterraneo” concepito all’indomani delle Primavere arabe. Si prevede anche che in tante scuole italiane si potranno replicare percorsi sui temi della legalità e della convivenza che alcuni studenti di quarta superiore, anche alcuni trentini, hanno sperimentato insieme in un anno scolastico nelle aule di Rondine (in passato anche la Provincia autonoma di Trento ne ha finanziato lo sviluppo).
“Sentiamo forti le nostre radici mediterranee e il desiderio di dimostrare che l’incontro con l’altro è sempre possibile”, ripete Franco Vaccari, il presidente che fu tra i giovani fondatori di Rondine, tutti discepoli di Giorgio La Pira. E non a caso “il mistico prestato alla politica” viene presentato ora come ispiratore dell’incontro degli 80 leader religiosi a Bari sul futuro del Mediterraneo: “Questo è il lago di Tiberiade del nuovo universo delle nazioni”, scrisse il sindaco di Firenze nel 1958 al Papa presentando il progetto Colloqui mediterranei. Quella di La Pira è una profezia ancora inattuata, macchiata dal sangue versato in guerriglie e viaggi disperati, alla quale però come cristiani ci sentiamo chiamati. E i trentini in particolare, anche a supporto della presenza evangelica di nostri conterranei sotto il cielo del “Mare Nostrum”. Come, per citarne solo alcuni, le sorelle di Tavodo in Turchia, la suora novantenne in Marocco, la cooperatrice nei campi profughi delle Grecia, i giovani in servizio civile in Palestina o in Siria.
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