La politica italiana è piena di strateghi che hanno in mente grandi manovre per ridisegnare il futuro politico del paese. In realtà si tratta di manovrine parlamentari nella peggiore tradizione del trasformismo italiano.
Tutto ruota intorno al tema se preservare o no l’attuale governo Conte. A che scopo farlo è secondario, se non per quello di tirare avanti con la legislatura evitando che l’attuale classe politica affronti nuove elezioni col taglio di 345 posti. Peraltro è un taglio che gli stessi parlamentari si sono auto inflitti per inseguire le pulsioni antipolitiche del grillismo. Come è d’uso, poi l’antipolitica ha prodotto un ulteriore risultato antipolitico.
Il sistema è ingabbiato in una contingenza che va capita. Primo punto: lo scioglimento anticipato della legislatura non è possibile se non immaginando il voto a settembre, il che metterebbe a rischio la sessione di bilancio. Dunque si potrebbe aspettare fino ad inizio 2021. Già, ma a che condizioni?
Secondo punto: si può scegliere se tirare a campare fino all’ultimo con l’attuale governo o crearne uno nuovo di transizione. In entrambi i casi si tratterà di esecutivi deboli, che nella prima ipotesi saranno perennemente inchiodato alle liti (preelettorali) fra i partner della coalizione, mentre nella seconda dovranno programmaticamente limitarsi a gestire poco più dell’ordinaria amministrazione (poi naturalmente c’è sempre modo di svicolare un poco fuori di essa).
Terzo punto: nell’uno e nell’altro caso bisogna comunque trovare una maggioranza che legittimi in parlamento la soluzione per cui si opterà. E qui arrivano ulteriori guai. Per far continuare il Conte 2 si dovrebbe ritrovare un accordo fra le attuali forze di maggioranza, il che presuppone un ridimensionamento tanto dei Cinque Stelle quanto di Renzi. E’ una missione quasi impossibile perché il premier non ha le doti per un’operazione tanto complicata e il PD è schiavo della sua ossessione a trasformare i grillini in convertititi del suo confuso neo-progressismo. A meno di colpi di scena dell’ultima ora è una soluzione improbabile, anche se il rischio che tutti corrono nel buttare giù l’attuale esecutivo non è piccolo.
La soluzione di far continuare l’attuale esecutivo sostituendo Italia Viva con una nuova formazione di responsabili presenta non poche difficoltà. Per fingere che non ci sia un cambio di coalizione politica, si dovrebbe poter contare su una specie di appoggio esterno di un gruppo di parlamentari che, almeno per finta, votano ciascuno per conto proprio. Un po’ difficile da immaginare, perché i cosiddetti responsabili si prenderebbero tutti gli insulti senza cavarne nessun vantaggio (eccetto salvare per un po’ le proprie poltrone). Se invece, come si vocifera sui giornali, questi responsabili si configurassero come un nuovo gruppo parlamentare, sarebbe inevitabile passare per una crisi formale di governo con la formazione di un Conte 3. Lasciamo perdere l’anomalia di un premier buono per tutte le stagioni. Basta soffermarsi sul fatto che si tratterebbe del terzo ribaltamento di maggioranze nel corso della legislatura e dunque sarebbe difficile che a fronte di questo Mattarella non si sentisse in obbligo di far validare o meno queste fibrillazioni con un passaggio elettorale.
Non subito, perché, come detto, non si può, ma appena le contingenze lo consentano. Dunque si tratterebbe chiaramente di un governo pre-elettorale a termine, ma si tratterebbe anche di un governo “politico”, dunque non neutrale rispetto all’organizzazione della prova delle urne. Si può immaginare quali sarebbero le reazioni delle opposizioni, a cui come minimo andrebbe data la garanzia su una tornata elettorale a settembre, con tutti i rischi che ciò comporta.
Ci sarebbe naturalmente la soluzione di un diverso governo di tregua, ma è difficile immaginare una maggioranza che lo sostenga. I Cinque Stelle e Conte non ne vorranno sapere, il PD è incartato, all’opposizione la Meloni ha già detto che non è d’accordo, mentre Salvini è ondivago su questo tema. Come si vede, un bel rebus.
Purtroppo tutto continua ad essere legato alle manovrine di Palazzo, che di tutto tengono conto tranne che di quel famoso “interesse dei cittadini” di cui tutti i partiti si riempiono la bocca. Certo immaginare che una coalizione di governo possa reggersi sulla continua creazione a tavolino di nuovi gruppi parlamentari, il cui radicamento nel paese è ignoto, le cui idee sono note solo attraverso l’occasionalità dei dibattiti televisivi e sui social, è indice di una decadenza grave del nostro sistema democratico. Non si vuole affrontare il tema, ma se ne dovranno affrontare le conseguenze.
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