E se pensassimo davvero all’Europa?

Dopo la pasticciata vicenda Siri, meglio sarebbe occuparsi dell’appuntamento europeo del 26 maggio

L’attenzione della stampa sembra per lo più concentrata, anche se ormai stancamente, sulla soluzione che si darà alla controversa questione del sottosegretario Siri. Come se la caverà Conte, che ha promesso di risolvere tutto senza spaccare il governo, non lo sappiamo, ma lo sapranno i lettori quando avranno fra le mani questo articolo. Quel che è possibile dire adesso è che si tratta di una vicenda pasticciata: una attività di lobbismo che fanno quasi tutti i politici, con sospetta appendice di pagamenti che però ad oggi non trova riscontri oggettivi, dunque al momento difficile da rubricare come “corruzione”. Invece la attività di lobbismo si era svolta apertamente all’interno del governo, tanto che era stata rigettata, sicché se la si considera “immorale” non si capisce perché si sono dovuti attendere mesi e che fosse divulgata una “spiata” nelle mani degli inquirenti per intervenire contro chi aveva agito in quel modo.

Detto questo, ci pare che sarebbe il caso che il premier e il suo governo, nonché i due partiti che lo sostengono, si occupassero di una questione assai più rilevante anche se meno adatta come soggetto per le sceneggiate da bulli in cui si esibiscono Di Maio e Salvini a pro di talk show e telecamere: il cambiamento in atto nel quadro europeo.

Soprattutto il leader della Lega ha scommesso da tempo sul cambiamento che si sarebbe verificato nell’Unione Europea dopo le elezioni di maggio. Di Maio, pur schierandosi su altri versanti, non aveva fatto meno conto su un parlamento UE senza maggioranze salde il che supponeva avrebbe lasciato spazi di protagonismo ai Cinque Stelle. Al momento sembra però che non sia questo il futuro che ci attende.

Qualche successo folkloristico degli antieuropeisti, tipo il pittoresco Farage britannico, non muta il quadro di un sistema molto complesso e abbastanza farraginoso. Il cuore del sistema rimane saldamente nelle mani del Consiglio Europeo e della Commissione, cioè dei governi dei Paesi membri. In quel consesso l’Italia non è messa bene. E’ vero che sulla carta tutti hanno un peso eguale, ma si sa benissimo che il nucleo dominante è formato dai paesi maggiori e dai loro alleati.

Ora andrebbe prestata la dovuta attenzione al ruolo che giocherà in futuro la Germania, non solo perché è economicamente il paese più forte, ma anche perché è quello che in questo momento attrae il maggior numero di paesi importanti (e qualcuno meno importante) nella sua area. E’ probabile che sia il leader tedesco del PPE, Manfred Weber, un uomo chiave, forse anche il successore di Junker. Weber è un bavarese della CSU, con cui Salvini ha anche cercato di stabilire un canale, così come si era illuso di aver costruito un asse col leader di quel partito Seehofer. Non ha però capito che fino a quando si trattava di alzare barriere contro i migranti l’intesa era facile, ma diventava complicata nel momento in cui si fosse passati alla questione assai più delicata della politica economica.

Il vero nodo è infatti qui. Né la componente più conservatrice, né quelle liberali e socialdemocratiche del futuro parlamento europeo sono disponibili ad allentare il controllo comunitario sul nostro paese, considerato spendaccione e poco serio nella gestione dei conti pubblici. Illudersi che un aiuto arriverà dai cosiddetti sovranisti è follia. Basta vedere cosa pensa del debito italiano la tedesca AfD per rendersi conto che la favoletta delle irresponsabili cicale del Sud che sfruttano le industriose formiche del Nord Europa è divenuta moneta corrente in quegli ambienti (e non solo tedeschi). Ci si aggiunga la recente presa di posizione del cancelliere austriaco Kurz sulla necessità di salvaguardare gli equilibri europei per capire che non tira una buona aria per i nostri baldanzosi esponenti del “cambiamento”.

In un contesto futuro che si presenta tanto complicato i nostri partiti, di governo e di opposizione, a tutto pensano ma non a far fronte comune per conquistare un minimo di spazio negoziale. A questo fine sarebbe importante poter mandare a Bruxelles rappresentanti sperimentati, il che non sembra ad esaminare le candidature (qualcuno c’è, ma sono pochi) e pensare fin d’ora a costruire un profilo forte per il membro della Commissione che si conta continuerà ad essere assegnato all’Italia. Una prospettiva che appare quasi utopistica con un governo che quando si tratta di spartirsi poltrone fa fare la figura del dilettante alla peggior partitocrazia della nostra storia, senza che peraltro ci sia una opposizione capace di esercitare un vero contrasto.

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