Come promuovere la vita, che “è futuro”, come ci ricordano i vescovi e anche le primule in questa domenica? Con umiltà e riconoscenza, impegno culturale e iniziative concrete (si veda a pag. 5 la novità diocesana) che vanno dalla vita nascente alla fase terminale. Una sintesi profonda è racchiusa in un testo e nella testimonianza di don Tonino Bello, che Papa Francesco ha invocato pochi mesi fa come modello di contempl-attivo, “innamorato di Dio e appassionato dell’uomo” a 25 anni dalla morte.
Nel 1985, pure alla vigilia di una Giornata per la Vita, il profetico vescovo di Molfetta compose una preghiera oggi spesso citata per il suo ritornello “Dammi, Signore, un’ala di riserva”, ma meno nota per il suo passaggio centrale. Merita rileggerlo.
«Ti chiedo perdono per ogni peccato contro la vita – scrive don Tonino – Anzitutto, per le vite uccise prima ancora che nascessero.
«Sono ali spezzate. Sono voli che avevi progettato di fare e ti sono stati impediti. Viaggi annullati per sempre. Sogni troncati sull'alba.
«Ma ti chiedo perdono, Signore, anche per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi. Per i voli che non ho saputo incoraggiare. Per l'indifferenza con cui ho lasciato razzolare nel cortile, con l'ala penzolante, il fratello infelice che avevi destinato a navigare nel cielo.
«E tu l’hai atteso invano, per crociere che non si faranno mai più.
«Aiutami ora a planare, Signore. A dire, terra terra, che l’aborto è un oltraggio grave alla tua fantasia. È un crimine contro il tuo genio. È un riaffondare l’aurora nelle viscere dell’oceano. È l’antigenesi più delittuosa. È la “decreazione” più desolante.
«Ma aiutami a dire, anche, che mettere in vita non è tutto. Bisogna mettere in luce. E che antipasqua non è solo l’aborto, ma è ogni accoglienza mancata. È ogni rifiuto del pane, della casa, del lavoro, dell’istruzione, dei diritti primari.
«Antipasqua è la guerra: ogni guerra.
«Antipasqua è lasciare il prossimo nel vestibolo malinconico della vita, dove “si tira a campare”, dove si vegeta solo.
«Antipasqua è passare indifferenti vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine.
«E si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con te.
«Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva».
Don Tonino insegna dunque un impegno in prima persona, non usa formula impersonali.
Nella sua diocesi si sporcò le mani al fianco dei poveri e promosse l’accoglienza generosa dei nascituri, contrastando coi fatti quella “mentalità antinatalista” che – lo si vedrà anche nel nostro Trentino – comporta squilibrio intergenerazionale e anche impoverimento economico.
Ma promuovere la vita è anche guardare il volto dei disperati, al largo delle nostre coste, e non accettare – come scrivono i vescovi italiani – “i crescenti tentativi di respingere i profughi e i migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”. Questo non è superficiale buonismo, come lo apostrofa la propaganda salviniana, ma riconoscere e rispettare la dignità di ogni persona prima ancora di avanzare valutazioni di tipo giudiziario, procedurale e politico: “Impegnatevi – diceva don Tonino ai politici nel Natale 1988 – perché ogni scelta politica tenga sempre presenti gli ultimi”.
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