Ci si interroga sul destino che può avere l’incarico di “esploratore” dato dal presidente Mattarella al presidente della Camera Fico. Impossibile rispondere nel groviglio della attuale situazione politica nonostante si tratti di un nuovo passo sulla strada impervia che il Quirinale sta percorrendo per giungere a fare chiarezza.
In astratto siamo di fronte allo sviluppo consequenziale dell’esplorazione Casellati. Quella ha certificato che l’ipotesi di una maggioranza Cinque Stelle-Centrodestra era fallita. Questa deve verificare se sia possibile una maggioranza Cinque Stelle-Partito Democratico, che anch’essa sulla carta potrebbe avere i numeri (risicati) per stare in piedi.
Lo schema della trattativa è identico e proprio per questo non particolarmente solido. Infatti ci si continua a muovere sulla tesi che M5S presenta un programma, anzi adesso addirittura un contratto di governo, e su quello gli interlocutori devono dire se ci stanno o meno a varare l’alleanza. Naturalmente questa è solo propaganda, per varie ragioni. Non solo per la disponibilità di Di Maio ad aggiustare la proposta almeno nominalmente a seconda dell’interlocutore, ma soprattutto per il fatto che la convergenza su alcuni punti molto generali potrebbe non essere difficile in sé, salvo sapere che non è lì il problema, ma nella gestione dei dettagli di applicazione, nella convergenza sulla “squadra” da mettere in campo, nelle garanzie che non si tratti solo di far nascere un governo che poi si farà rapidamente cadere. Il che, intendiamoci, non è solo una questione di bella forma. Un governo di questo tipo, qualora venisse fatto cadere dopo alcuni mesi, si guadagnerebbe il diritto di gestire le conseguenti inevitabili elezioni anticipate. Non è cosa da poco.
Sorvoliamo sul fatto che comunque una legislatura con governi a maggioranza risicata e con la prospettiva di un inevitabile non lontano appuntamento con le urne sarebbe un Vietnam. Anzi lo sarebbe in ogni caso fin dalle origini, visto che Salvini, con l’irresponsabilità istituzionale che lo caratterizza, ha già annunciato nel caso una “passeggiata su Roma” (alludendo evidentemente alla famosa marcia su Roma, ma in tono minore). Saranno anche boutade da talk show ma non certificano la presenza di un clima politico consapevole di quel che c’è in gioco in questo momento sulla scena europea e internazionale.
Non parliamo della cosa ridicola di dare significati nazionali alle elezioni in una piccola regione, non esattamente il cuore del paese, e dove per di più ha votato la metà degli aventi diritto. Ma tant’è: adesso sembra si debbano aspettare le elezioni in Friuli Venezia Giulia, come se davvero fossero gli oracoli della sacerdotessa di non si sa quale santuario pagano.
Naturalmente bisogna ammettere che qualche indicazione viene anche da quelle contrade. Ci permettiamo di dire non tanto per ciò che riguarda i grandi contendenti del momento, M5S e Lega, quanto per la presenza sempre più debole del PD, il cui 9% in Molise non trasmette davvero l’immagine di una forza capace di esercitare un ruolo trainante nel paese, ma piuttosto quella di un rissoso gruppo di generali e colonnelli che ormai stanno perdendo le proprie truppe.
Tanto per capire quanto il futuro sia complicato vorremmo ricordare che di questi “oracoli” ne arriveranno in continuazione: in giugno c’è un’ampia tornata di amministrative comunali, in ottobre ci sono le regionali in Trentino Alto Adige. Difficile immaginare che l’esito di queste elezioni non incida sulla tenuta della legislatura, soprattutto se per esempio il PD continuasse a perdere consensi (cosa non difficile vista la sua incapacità di rimettersi in sesto) o M5S fermasse la sua corsa, o la Lega guadagnasse ulteriori posizioni.
Insomma la questione non è tanto quella di riuscire o meno a trovare chi sottoscriva il contratto di governo messo a punto da un gruppetto di volonterosi professori, quanto quella di come si possa procedere a stabilizzare la situazione politica per arrivare in maniera decente ad un confronto elettorale in cui i cittadini scelgano, possibilmente in maniera pacata, a chi affidare il paese per affrontare le prossime impegnative scadenze interne ed internazionali.
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