Più che parlare di famiglia, questo Sinodo saprà mettersi “alla scuola della famiglia”? Lo ha chiesto sabato lo stesso Papa Francesco in piazza san Pietro e la chiamata vale per tutti. E' una grande maestra di vita, la famiglia, anche se la sua cattedra è spesso appesantita da fatiche e contraddizioni che vanno riconosciute.
L’ hanno ammesso con realismo di fede i coniugi trentini Lorena e Stefano Girardi che con i loro quattro figli hanno raccontato al Papa la scelta di fedeltà (“anche quando l’altro in certi momenti non risponde più al nostro ideale”) e i loro ritmi quotidiani. Si scoprono come fragili vasi di creta, i genitori di Ravina, ma sono sicuri che “il Vasaio non manca nel suo lavoro di manutenzione” e trovano forza nell’affidargli queste fragilità “guardando oltre le incomprensioni, le parole dette male, gli scontri”.
Questa è la lezione della famiglia, dove si riconosce l’altro come dono, anche quando è un peso o percorre strade diverse. Dove si protegge senza sostituirsi, si corregge senza umiliare, si educa con l’esempio e la pazienza. Dove si riesce ad unire la compassione alla giustizia, “altrimenti – precisa il Papa della misericordia – finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti”.
In queste tre settimane di lavori – Vita Trentina li seguirà da vicino attraverso il diario “esclusivo” dei roveretani Lucia e Marco Matassoni, tra le poche coppie invitate a partecipare – è tutta la Chiesa, non solo i 253 padri sinodali, a lasciarsi illuminare dalla famiglia. I ceri consegnatici in Duomo a Trento dall'Arcivescovo vorrebbero far luce su soluzioni aggiornate. Che non saranno dottrinali ma principalmente pastorali, come ha ribadito l’ arcivescovo teologo Forte, certo che “il Sinodo non può non dire nulla”. L’esigenza del Vangelo – davanti a sfide mondiali che riversano sulle famiglie violenze, migrazioni e ingiustizie sociali – è unire la misericordia con la verità, perché – dice il cardinale austriaco Schoenborn – “la carità senza verità è morbida e la verità senza carità è durezza”.
Vale come un piccolo Concilio questo Sinodo in due tempi. Può rilanciare il Vaticano II che attende attuazione, come si è auspicato nell’affollato seminario promosso il 3 ottobre dalla Fondazione Museo Storico. La ricezione trentina del Concilio è stata più rapida proprio nell’attenzione alla famiglia (solo per il laico Bruno Firmani “parlare di famiglia non ha più alcun senso”), con l’avvio del primo consultorio nel 1965, di un Ufficio pastorale ad hoc e l’ospitalità negli uffici curiali ai pionieri dell’Alfid, l’Associazione Laica Famiglie in Difficoltà. Il suo presidente onorario, Alfredo de Riccabona, ha richiesto ancora più profezia evangelica soprattutto nel ruolo delle donne e nell’attenzione ai separati, segnalando infine l’inedita affermazione di Papa Francesco durante la catechesi sull’indissolubilità del matrimonio cristiano: “Ci sono casi in cui la separazione è inevitabile. A volte può diventare persino moralmente necessaria, quando appunto si tratta di sottrarre il coniuge più debole o i figli piccoli, alle ferite più gravi causate dalla prepotenza e dalla violenza, dall’avvilimento e dallo sfruttamento, dall’estraneità e indifferenza.” Una sottolineatura appresa sui banchi della famiglia, Vangelo alla mano.
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