Fa discutere un po' in tutti gli ambienti il fatto accaduto in un rinomato albergo di Pozza di Fassa, dove due coppie di ospiti hanno abbandonato la struttura ricettiva che ospitava anche un gruppo di disabili, tra il resto autosufficienti e per nulla ingombranti. Il titolare ha avuto un grande coraggio nel denunciare il fatto che ha consentito di rimettere in discussione certi luoghi comuni e talune forme di pregiudizio, dure a morire nei confronti dei portatori di handicap.
Per il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, il solo politico a pronunciarsi sulla vicenda, si tratta di atteggiamenti di disagio ed intolleranza “purtroppo non isolati” che testimoniano il diffondersi di una “cultura dell'egoismo” e del “rifiuto di ogni diversità che ricorda ben altri tempi e ben altri regimi”. Con amarezza Dorigatti osserva che quando una società è incapace di praticare l'arte dell'inclusione, palesa i sintomi di una intolleranza che allontana dalla civiltà e ripropone la barbarie.
Da uomo politico Dorigatti cerca di rasserenare il clima dichiarando che la storia del Trentino, le ragioni della sua autonomia e la cultura di questa terra si nutrono, da sempre, di quella solidarietà concreta e diffusa che rende la provincia un luogo di accoglienza vera per tutti coloro che desiderano trovare momenti di riposo, ma anche di incontro e di reciproco dialogo con “l'Altro”, chiunque egli sia, “perché la nostra idea di umanità non conosce confini e differenze”.
Anche la classe politica ravvisa un'involuzione nelle relazioni e nei rapporti sociali, personali e interpersonali che investono il campo dell'educazione e della formazione, dalla famiglia alla scuola, alla città, ai vari mondi come appunto quello turistico e all'insieme delle agenzie che si occupano di programmazione per l'economia del tempo libero, per la vacanza.
Il fatto che i protagonisti di questa storia siano degli adulti costringe a ripensare un'altra educazione che aiuti le nuove generazioni a stare in una realtà che oggi si evolve velocemente, un mondo complesso e plurale che pone spesso davanti a situazioni e responsabilità impreviste. L'indifferenza e il cinismo sono diventati una vera patologia nelle generazioni della passività sociale, della sottomissione mediatica che addormenta drammaticamente le coscienze.
La trasgressione vera non è l'abbandono del campo di fronte all'imprevisto (l'incontro con un gruppo di disabili) dove una coppia, pur in presenza di condizioni climatiche eccellenti, riduce il periodo di vacanza ed un'altra che disdice la prenotazione per lo stesso motivo. Piuttosto nasce nel segno di una capacità di opporre alla massificazione l'ascolto di sé, al cinismo e all'indifferenza la capacità di indignazione della coscienza autentica, traducendola in azioni sociali e civili come tensione esistenziale verso la speranza e il cambiamento.
In questo senso all'albergatore denunciante, che ha voluto mantenere l'anonimato, non si può non dire “bravo”. La denuncia di comportamenti di trasgressione, anche se velatamente cortesi, s'inserisce in quest'ottica. Noi viviamo – ha ripetuto Papa Francesco anche nel recente tour in America latina – una cultura dello scontro, della frammentazione, una cultura in cui quello che non serve lo si getta via – la cultura dello scarto – mentre si deve pensare (ed è parte della crisi) agli anziani che sono la saggezza di un popolo, ai disabili, ai bambini, soggetti che rientrano nella cultura dello scarto.
Vale anche per il circo turistico l'ammonimento del Papa all'andare incontro, al creare con la nostra fede una cultura dell'incontro, dell'amicizia, una cultura dove si trovano fratelli, dove si può parlare anche con coloro che non la pensano come noi e pure con quelli che hanno un'altra fede. “Tutti – ripete Francesco – hanno qualcosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andare all'incontro con tutti, senza negoziare la nostra appartenenza. E un altro punto è importante con i poveri”, per costruire una società più inclusiva. “Il dialogo, presuppone, esige da noi la cultura dell'incontro” che sappia riconoscere che “la diversità non è solo buona, ma necessaria”.
È l'abbecedario, in un linguaggio colloquiale, che contraddistingue gli interventi del Papa, della cultura bergogliana dell'incontro: l'uscire poiché Gesù vuole uscire dalla sua Chiesa verso il mondo e le sue periferie; il creare una cultura con la fede; il dialogo; i diversi; i più poveri.
Il turismo cos'è se non incontro dove la parola cultura è spesso soffocata dai cattivi esempi? Si tratta di problemi di sempre, ma che ora suonano come nuovi, per il modo inedito in cui Francesco li vive e li propone.
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