Il passaggio alla Camera del disegno di legge di riforma costituzionale predisposto dal ministro Boschi è un passo avanti nella strategia di Renzi per “cambiare verso” all’Italia? Rispondere a questa domanda è tutt’altro che semplice.
Certamente il premier ha mostrato che mettersi contro di lui non è così facile, almeno all’interno del suo partito. Alla fine la minoranza non se l’è sentita, a parte i soliti pasdaran che rappresentano solo sé stessi, di mettere a rischio un passaggio che era atteso da anni, ma soprattutto di provocare così la fine quasi certa del governo con una prospettiva che difficilmente avrebbe potuto evitare il ricorso anticipato alle urne e che comunque avrebbe avuto riflessi negativi sulle prossime difficili elezioni amministrative.
Bisogna però ricordare che si è giocato solo il primo tempo di una partita che andrà avanti a lungo. Innanzitutto per quel che riguarda la riforma costituzionale essa deve tornare al Senato, perché la Camera ne ha cambiato qualche passaggio e al Senato, come si sa, la maggioranza governativa del PD non è così forte. In secondo luogo, anche se passasse indenne quelle forche caudine, dovrebbe comunque essere rivotata senza cambiamenti sia alla Camera che al Senato tre mesi dopo. Di questi tempi e con quel che può succedere nei prossimi tre mesi (come minimo le amministrative che possono anche procurare dei sussulti) non si sa come andrà a finire.
Se invece il Senato cambiasse l’attuale formulazione della legge si dovrebbe tornare alla Camera e finirebbe in una specie di gioco dell’oca.
Se poi tutto andasse liscio e le Camere licenziassero la riforma, seguirebbe il passaggio del referendum confermativo. Passaggio rischioso, perché lì non c’è quorum di partecipanti per la validità e, con l’astensionismo che c’è in giro, probabilmente incentivato dalla difficoltà per l’opinione pubblica di raccapezzarsi in una legge piuttosto complicata, c’è il rischio di una partita combattuta fra una ristretta cerchia di tifoserie dei pasdaran renziani contro quelli antirenziani e non è facile prevedere come potrà andare a finire. In ogni caso sicuramente con una pesante frattura nella coesione del paese.
Come si vede Renzi non ha davanti un sentiero cosparso di fiori. Aggiungiamoci che la prova suprema sarà il passaggio sulla legge elettorale, il cosiddetto Italicum, la cui discussione sembra sia stata rinviata a dopo l’esito delle elezioni amministrative. Qui è molto difficile che si possano evitare le spaccature, perché c’è in gioco il cambiamento del nostro quadro politico.
Infatti se prevale l’impostazione attuale, cioè il premio alla lista vincitrice (e saremo nel quadro di una sola Camera che dà la fiducia) Renzi avrà raggiunto il vero obiettivo, che è costringere il sistema a convergere su due soli grandi partiti o, meglio, su due soli grandi assembramenti/contenitori. Se invece si tornasse all’ipotesi del premio alle coalizioni fra partiti ci sarebbe spazio non solo per far sopravvivere il peso delle varie componenti superstiti del vecchio quadro, ma si renderebbe anche possibile la trasmigrazione da un partito all’altro. Per dirla chiaramente: nel caso di un premio alla coalizione la minoranza PD potrebbe farsi il suo partito sicura che ovviamente la vecchia casa madre dovrebbe allearsi con lei per poter competere per il premio; nel caso della lista una sua scissione non la porterebbe da nessuna parte.
Quello che si è detto per il PD vale ancor più per il centro destra, al momento spappolato fra il declino inarrestabile di Berlusconi, le piazzate di Salvini e la rottura interna della Lega con Tosi. In un quadro che veda il premio di maggioranza alla lista il centrodestra difficilmente sarebbe in grado di competere. Se Renzi non guadagnasse il 40% al primo turno, cosa niente affatto impossibile, al ballottaggio andrebbe quasi di sicuro il M5S. Con un sistema fondato su coalizioni gli spazi per fare un cartello fra le varie forze del centrodestra potrebbe anche esserci.
Ci si chiede però se il governo può permettersi il logoramento da qui all’estate nell’estenuante gioco parlamentare fra legge costituzionale e legge elettorale. Certo non può permetterselo il Paese che ha bisogno di profittare di una contingenza economica dove qualche risorsa da sfruttare sembra esserci.
Come Renzi riuscirà a riportare il sistema politico sulla via della ragione, lasciando da parte quella predilezione per le sfide muscolari che piacciono a lui non meno che ai suoi avversari sarà tutto da vedere.
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