L’allarme per la situazione libica è alto, ma come andrà a finire non è ancora chiaro
Sono tempi in cui ogni situazione può evolversi in maniera imprevista. Sembrava che la politica italiana fosse inchiodata alle conseguenze della bagarre che si era avuta alla Camera con la maxi-seduta della scorsa settimana. Le opposizioni, unite al di là delle loro differenze di schieramento, avevano minacciato fuoco e fiamme ed aveva persino ripreso fiato l’opposizione interna al PD. Poi il nuovo quadro internazionale sembra per il momento avere ridimensionato tutto.
Gli sviluppi della situazione in Libia con l’avanzare dell’Isis e il complicarsi della crisi finanziaria con la Grecia pongono l’Italia in una posizione molto delicata. Ciò significa, per dirla in maniera schematica, che i gruppi dirigenti del paese sono poco tolleranti verso le sceneggiate di una classe politica che è più interessata ai regolamenti di conti interni che agli interessi nazionali. Sono meccanismi sotterranei e non di immediata percezione, ma esistono e, sia pure con dei limiti, hanno la loro efficacia.
Si è subito visto che la situazione cambiava quando Berlusconi si è affrettato a dire che avrebbe sostenuto il governo a fronte del precipitare degli eventi in Libia e lo stesso hanno fatto, pur con tutti i distinguo retorici possibili, quasi tutte le forze politiche presenti in parlamento. Renzi ha afferrato al volo la situazione e non solo ha avuto parole di apprezzamento per questa ritrovata unità (che inevitabilmente lo colloca al centro dell’iniziativa), ma ha anche esibito moderazione e cautela nel parlare di quanto sta accadendo, evitando inutili retoriche.
Una riprova del cambio di passo si è avuta con la salita al Colle delle opposizioni per incontrare il presidente Mattarella. Tutto si è svolto in un clima di raffreddamento delle tensioni, con interventi poco incisivi e col Presidente che ha impresso un taglio sottotono a tutta la faccenda. Per esempio al Colle è andato il solo Brunetta con un documento in 25 punti abbastanza sfuocati per quel che riguardava le possibilità di intervento di Mattarella e tutto è finito con uno scontato appello a ritrovare la via del dialogo. L’incontro con Sel è stato, se possibile, ancora più sottotono.
Salvini, a cui non si può negare il fiuto, ne ha approfittato per dire che non perdeva neppure tempo con un rito vuoto, mentre i grillini, dopo aver fatto appelli che si sapeva a priori non avrebbe avuto alcun effetto per dimissioni in massa di parlamentari, si sono limitati a commentare positivamente la prospettiva di un prossimo colloquio tra Mattarella e il loro leader.
Dunque tutto risolto? Questa conclusione sarebbe eccessiva. L’allarme per la situazione libica è alto, ma come andrà a finire non è ancora chiaro. L’Italia non può esimersi dal fare qualcosa per ragioni geografiche e storiche, ma cosa potrà fare non è chiaro. Interventi militari non sembrano probabili, sia per la nostra debolezza in questo campo sia perché in sede internazionale si vorrebbero evitare, se possibile, interventi”occidentali” che danno all’Isis la scusa di parlare di “crociate”. Se a sbrogliarsela fossero gli stati arabi della regione, Egitto in testa, sarebbe meglio: si può dare loro molto appoggio e magari si può intervenire a lato con missioni ONU di mediazione (qui c’è sempre la risorsa di Romano Prodi che viene concordemente ritenuto a livello internazionale il miglior mediatore disponibile).
Non va sottovalutata neppure la vicenda greca. L’Italia è qui in una posizione ambigua. Da un lato è il terzo creditore della Grecia (per 40 miliardi di euro), dall’altro abbiamo all’interno movimenti simpatetici con Tsipras e a Renzi piacerebbe fornirgli un aiuto (ragionevole) per guadagnare del credito politico a sinistra. Gestire una situazione del genere non è facile, anche perché a nostra volta abbiamo bisogno di non perdere le sponde nei grandi paesi europei vista la situazione economica italiana, che ha prospettive di miglioramento, ma così fragili che qualsiasi opposizione (chiamiamola così) la può mettere in difficoltà.
Nulla è semplice di questi tempi e dunque bisognerà seguire l’evolversi della situazione con attenzione. Speriamo in una crescita del buon senso politico: è assolutamente indispensabile.
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