Aspettando il verdetto delle urne

Ebbene sì: ormai è chiaro che la tornata elettorale di domenica 25 maggio è destinata ad essere un tornante della nostra vicenda politica. In un contesto in cui dominava da tempo la voglia del “duello elettorale” era difficile evitare che la prima occasione buona si trasformasse nella realizzazione di quell’attesa. Inutile chiedersi se è un duello a due (Renzi-Grillo), a tre (Renzi-Grillo-Berlusconi) o una zuffa generalizzata, perché si tratta di tutte queste cose insieme.

L’ambiguità è proprio nella confusione delle prospettive. Le maggiori attese sono per il duello fra l’ex comico e il presidente del Consiglio, due figure che, con ottima complicità dei media, si sono mangiate quasi tutta la scena politica. Però può darsi che lo scontro non si concluda con un vincitore e un morto, ma con due che sopravvivono, magari malconci, alla pari o quasi. In questo caso ci si sposterà a considerare cosa succede al terzo contendente che ha cercato di inserirsi nella zuffa dando un calcio ad uno ed un pugno all’altro. Ma anche in questo caso può darsi che l’esito sia ambiguo, cioè che Berlusconi non vinca la sua partita portandosi decisamente sopra il 20% dei voti, ma anche che non la perda non andando troppo sotto quella soglia.

La zuffa generalizzata ci sarà se vari partiti fuori della triade che abbiamo elencato riusciranno a superare la soglia fatidica del 4%, anche perché in questo caso c’è da aspettarsi che nessuno dei tre contendenti maggiori sia uscito con un buon risultato. Perché in questo caso tutti o quasi cercheranno di far saltare il banco, convinti che non si possa perdere l’occasione buona per consolidare le proprie posizioni finché si può farlo con una legge proporzionalista come è il sistema uscito dalla famosa sentenza della Consulta.

Si dice che Napolitano in quel caso si rifiuterà di sciogliere le Camere, ma non si tiene conto del fatto che questo è possibile solo se si trova un governo che abbia uno straccio di maggioranza in parlamento, e ciò non è affatto garantito. In un clima che diventerebbe di delegittimazione globale di tutti, non si vede come una tale maggioranza potrebbe essere trovata e in ogni caso, anche se lo fosse, come potrebbe poi concludere qualcosa con un parlamento che si trasformerebbe in una bagarre continua.

Naturalmente nulla sarà semplice neppure nel caso ci fosse un qualche vincitore chiaramente individuato. Dubitiamo che questo possa essere il Movimento Cinque Stelle: significherebbe che la maggioranza di questo paese è disposta a correre l’avventura di affidarsi ad un demagogo. Siamo ridotti maluccio, ma forse non così male. Se invece, come potrebbe essere, Renzi uscisse vincitore dalle urne dovrà fare i conti con un partito che lo temerà ancor più di quanto non lo tema adesso.

Infatti non si può dimenticare che il voto di domenica prossima può essere considerato un test di fiducia verso il leader del governo, ma non incide sulla compagine del suo partito e soprattutto sulla sua rappresentanza parlamentare. E’ vero che i politici, qui come altrove, sono lesti a schierarsi col vincitore, ma rimane il fatto che Renzi rappresenta un cambio di prospettiva e che, visto il suo carattere, se trionfa non farà sconti. Dunque c’è da aspettarsi che nel PD corrano ai ripari stoppando il leader prima che acquisti troppo potere. Non sono cose mai viste. Successe più o meno così a Fanfani dopo la sua vittoria nelle elezioni del 1958: un anno dopo una scissione della sua corrente lo defenestrava dalla segreteria e dalla guida del governo.

Ovviamente non è detto che la storia si ripeta e certo il Renzi di oggi ha migliori armi di difesa del Fanfani del 1958, però le dinamiche della politica mutano di veste più che di obiettivi. Non è poi detto che il lavoro sporco debba necessariamente esser fatto dagli uomini del PD, che possono tranquillamente scaricarlo sugli alleati del governo a loro volta in fibrillazione.

Dunque l’attesa del risultato elettorale è piena di preoccupazioni, se non ancora di angosce. Si deve sempre sperare che alla fine l’istinto di sopravvivenza politica, che di solito un popolo possiede, prevalga sul desiderio di sfogare delusioni e rabbie in un ribaltone generale, ma si deve anche sperare che una classe politica quanto mai disorientata capisca che è venuto il tempo di smetterla di giocare al rischiatutto.

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