Non è solo una questione di euro

Un clima da funerale è calato sulle elezioni europee del 25 maggio. La gioia di solito si fa manifesta, è vero, dopo il responso delle urne in quanti sono stati gratificati dal voto. Ma una campagna elettorale consente momenti di soddisfazione fra i candidati e supporter, fra la gente che si dimostra interessata ai loro messaggi, partecipando numerosa ai comizi e alle iniziative delle varie consorterie politiche. Il gioco al massacro fra i leader, o meglio, almeno in Italia, di taluno, ha contagiato gli elettori non tanto sulle piazze e nei teatri, ma al chiuso delle abitazioni, negli stretti spazi di un sofà, assistendo davanti alla televisione ai vari talk-show.

Ha dell'assurdo una rabbia covata per lo più in assoluta comodità per i discorsi al negativo che si sono accentuati negli ultimi giorni di confronto elettorale. Certo non mancano le difficoltà talune aspre e prolungate come la crisi economica, la disoccupazione, il precariato giovanile, i dissidi in Ucraina, Libia, Siria, gli sbarchi di gente in fuga da situazioni ben peggiori di quelle vissute in Europa, che arriva carica di speranza ma che al contrario continua il suo vagabondare fra troppa indifferenza.

Tuttavia il momento è davvero straordinario per 400 milioni di elettori dei 28 Paesi dell'Unione europea chiamati alle urne, a distanza di poche ore, gli uni dagli altri, per scegliere, il che significa eleggere i propri rappresentanti (751) al Parlamento di Bruxelles. E' questa un'Europa dei popoli, visibile ed operativa , che dovrebbe essere piena di “giubilo”, di freschezza, di energia per il molto che resta da fare dalla sua istituzione, e a 10 anni dal suo allargamento, su basi però consolidate, dalle buone radici, culturali, sociali, religiose, e che appare al contrario invecchiata, chiusa in sé stessa, petulante. Il Papa ha richiamato i vescovi italiani a contrastare tristezza e catastrofismo, temi predicati in questi tempi non tanto dai pulpiti delle Chiese, ma dai microfoni della politica. Dopo decenni di divisioni con due guerre mondiali nel XX secolo e le loro conseguenze devastanti, ferite che con pazienza sono state sanate, certo resta ancora lungo il cammino e la sfida del crescere insieme. Ma sono per l'appunto le diverse esperienze, la voglia di riconciliazione e di unità, e le prospettive anche di cambiamento, possibili eccome, il perno e la forza dell'integrazione europea. Non è solo una questione di euro. La Chiesa in questo ragiona a senso unico dichiarando che “è dovere delle diverse Chiese testimoniare nei fatti che si può costruire una comunità di popoli e di nazioni”. Una conferma indiretta la si ha dall'editoriale condiviso da tutte le testate diocesane del Triveneto (vedi pag. 38) e dall'intervista a mons. Bressan. I vescovi sono scesi in campo per contrastare l'astensionismo provocato per l'appunto dall'indifferenza. “L'astensionismo – dice un portavoce dell'episcopato europeo – non è un opzione. E' giusto che i vescovi cattolici d'Europa considerino una loro priorità incoraggiare i cittadini a votare”. Nessuno dei partiti politici, nessun candidato ha ringraziato per questo. Ci mancherebbe. Né forse lo farà neppure dopo l'apertura delle urne. Dovere e basta, ma che ha un senso diverso da un generico “vogliamo bene”. C'è chi come Grillo, e non meno Berlusconi, che invece di citare gli ormai molti anni di pace in Europa, ha scomodato gli spettri del nazifascismo che hanno ridotto in cenere il diritto di voto e le libertà democratiche collettive e individuali, nonostante il contorsionismo verbale correttivo in seconda battuta. Fra le proposte lette, degne di nota, quelle delle Acli per “un'Europa dei popoli, dei diritti e della solidarietà, libera “dal conservatorismo burocratico, dal neoliberismo sfrenato e senza regole, dal populismo antieuropeista e razzista”. “Supereremo la crisi – dicono gli aclisti – solo quando avremo un governo politico europeo dell'economia ed un'economia fondata nuovamente sul lavoro e la produzione piuttosto che sulla finanza e quando lavoreremo tutti insieme per assicurare la democrazia e i diritti umani per tutti”. C'è dell'utopia in queste dichiarazioni e del radicalismo. L'auspicio è per una partecipazione responsabile al voto “per impedire l'affermazione dei movimenti antieuropeisti e riavviare la costruzione degli Stati Uniti d'Europa, quale elemento decisivo per le sorti del mondo e del nostro Paese”.

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