Mattarella e le zone grigie di complicità

Borsellino Paolo. Diana don Giuseppe. Falcone Giovanni. Grasso Vincenzo… Mattarella Piersanti. Per cognome e nome in ordine alfabetico. Come in piazza Duomo a Trento il 21 marzo, la lettura delle 950 vittime di mafia, tra le quali 125 bambini, è risuonata domenica insinuandosi per venti minuti fin dentro i vicoli di Locri, la cittadina calabrese tornata per una Giornata nel cuore del Paese, capitale dell’antimafia.

Dopo aver riascoltato in quell’elenco “doloroso e istruttivo” il nome del fratello Piersanti, assassinato da Cosa Nostra nel 1980, il capo dello Stato si è sentito appieno come uno dei familiari delle vittime, “con una ferita dentro che non si può rimarginare”. Sergio Mattarella ha potuto affermare senza retorica che “la lotta alle mafie riguarda tutti. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. E' anche una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà”.

Parole pesanti e ponderate, destinate anche a noi, al Nord del Paese. Obiettive nel riconoscere i risultati raggiunti nella prevenzione e nella repressione, ultimative nel denunciare che la mafia è ancora forte, controlla attività economiche, tenta di dominare pezzi di territorio. Per questo, come diceva Giovanni Falcone  “la lotta alla mafia non può fermarsi a una sola stanza, deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere”.

In questa resistenza ancora aperta contro il potere mafioso che il giorno dopo ha minacciato don Luigi Ciotti con le scritte sui muri della Curia che lo ospitava, anche noi Trentini dobbiamo ritenerci “tutti sbirri” (come hanno ribattuto quelli di “Libera” nella marcia nazionale) per difendere e diffondere la cultura della legalità.

“Bisogna azzerare le zone grigie, quelle della complicità, che sono il terreno di coltura di tante trame corruttive”. Eccolo, il rischio dell’omertà che diventa consenso implicito, dell’omologazione che nasce dalla rinuncia a “pensare con la propria testa”, ad affermare la propria dignità e libertà.

A Locri domenica ha risposto Bolzano, dove nelle stesse ore veniva festeggiato come beato un giovane che 70 anni fa si era fatto guidare dalla propria capacità critica, irrobustita insieme ad un gruppetto di coraggiosi giovani dell’Azione Cattolica. In tempi in cui non era facile – anzi, richiedeva il rischio della vita – tirarsi fuori dalle “zone grigie della complicità” con l’emergente potere totalitario, Josef Mayr-Nusser ha saputo affermato il primato della propria coscienza di cittadino “obiettore” e anche di cristiano.

Potremo accostare all’impiegato Josef  il giovane religioso della Bolghera, padre Mario Borzaga, che giovedì 24 ricordiamo nella Giornata dei Missionari Martiri. Anch’egli evitò le zone grigie, mettendo nero su bianco la presa di distanza dal potere violento dei guerriglieri comunisti ein Laos, consapevole che questo poteva significare la condanna a morte per lui e per i suoi catechisti.

Dovremo interrogarci su quali siano oggi queste zone a rischio di complicità, che ci trovano indifferenti invece che obiettori. Una superpotenza che mostra i muscoli progettando muri alle frontiere? Un’internazionale del terrorismo che trova reclute in Occidente? Una cultura che riscrive le regole naturali della procreazione “affittando” il grembo di donne che non vedranno il frutto del loro seno? Un ciarpame d’intrattenimento televisivo che arriva a schernire le ragazze dell’Est, schierandosi con i peggiori maschilisti? Parliamone, non solo di sabato.

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