Tre serate in Trentino per lo spettacolo di Marco Cortesi e Mara Moschini
Era lungo 156,4 km ed alto 3,60 metri, e non si poteva vederne la fine perché, in una circonferenza, una fine non esiste. Die Mauer – il Muro – ha circondato per 28 anni Berlino ovest, roccaforte statunitense in una parte di Germania controllata dall’Unione Sovietica.
“History is over”, “La storia è finita”, scrivevano i giornali all’indomani di quel 9 novembre 1989 che segnò la fine del Muro. A quasi trent’anni da quella data, gli attori Marco Cortesi e Mara Moschini hanno raccolto, in due anni di ricerca sul campo, 53 preziose testimonianze di chi, quel muro, l’ha sfidato. “Avevo un sogno, ed ero stanco di avere paura” è la risposta più frequente alla domanda “Perché l’avete fatto?”.
“Die Mauer – Il Muro” è il titolo dello spettacolo rigoroso e appassionante, proposto ad un folto pubblico (anche giovanile) a Vigolo Vattaro, Rovereto ed Arte Sella dagli attori de “La scelta” e “Rwanda”, grazie alla collaborazione di Docenti Senza Frontiere e del Gruppo Alpini.
E’ la storia di Gina Kreger, 21 anni ed una passione per la fotografia ed i Pink Floyd che le costerà il carcere e la tortura. Gina è infatti colpevole di aver scattato una foto della brutale repressione messa in atto dalla Stasi (il Ministero per la Sicurezza di Stato Germania dell’est) di Erich Mielke durante il concerto dei Pink Floyd nella Berlino ovest per reprimere chi, dall’altra parte del muro, stava ascoltando il concerto. La foto, posta nella bicicletta rossa regalata a Gina dal padre, riuscirà però a salvarsi.
E’ la testardaggine di Hans Weidner e del suo Vomag, un gigantesco autobus che il suo proprietario trasforma con zelo, lavorando di notte, in un carro armato per sfuggire ai soprusi della Stasi. “Il più folle piano di fuga che sia mai stato concepito in tutta la storia del Muro”, un modo per arrivare, con la sua famiglia e quella di un amico, nella Berlino ovest, sfondando i posti di blocco ed attraversando il Muro. Un piano messo in atto nel 1962, il giorno dopo Natale. E riuscito.
È la dolcezza di Peter Fechter, 18 anni ed un anello d’argento in tasca per Katrin, per la quale avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche oltrepassare il Muro, come fece nel 1962 assieme al suo amico Helmut, senza però riuscirci.
E’ la mano di Riccardo Ehrman, inviato italiano dell’Ansa, che, il 9 novembre 1989, si alza, chiedendo da quando i tedeschi dell’est potranno espatriare “senza dare particolari spiegazioni”, come anticipato da Günter Schabowski. Una semplice domanda che porterà, però, alla caduta del Muro, in seguito alla risposta (“Da subito”) di Schabowski.
Sono le storie, raccontate con rispetto e commozione, di chi ha scelto di dare un senso a quel “trattino” che sta tra la data di nascita e quella di morte – ovverosia alla propria vita – come ha raccontato Holger, 82 anni ed un figlio morto nel tentativo di varcare il Muro.
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