L’Italia detiene il triste “primato” europeo dei giornalisti sotto scorta: 21. Tra questi Federica Angeli de “la Repubblica” che, dal 2013, in alcune sue inchieste, ha scoperchiato quel verminaio malavitoso e mafioso che da anni impestava il litorale ostiense, il municipio romano (grande quasi tre volte Trento), infiltrato e corrotto. La giornalista, che proprio ad Ostia vive con la famiglia, ne ha scritto un libro che ora è diventato un film, in sala.
“A mano disarmata” è diretto dal lombardo Claudio Bonivento, finora più noto come produttore cinematografico e televisivo. La “pellicola” si avvale di un cast azzeccato. La reporter è Claudia Gerini (oltre una cinquantina i film alle spalle). Credibile e nella parte, l’attrice romana mette a nudo le sfumature del personaggio, professionalmente sempre sul pezzo, ostinato e deciso ad andare fino in fondo nonostante le minacce del clan degli Spada (51 dei suoi componenti sono stati arrestati lo scorso anno). Ma, anche, madre affettuosa, moglie innamorata. Una donna che non nasconde le proprie fragilità e solitudini, le paure che coinvolgono e mettono a rischio, inevitabilmente, tutta la famiglia. A capo del clan, Mirko Frezza, che il carcere l’ha conosciuto per davvero prima di intraprendere una carriera d’attore (“Dogman” di Garrone, faceva il pusher) mista a comparsate televisive. Una faccia, una “teppa”, si potrebbe riassumere. Caporedattore del giornale è Francesco Pannofino (doppiatore tra i più noti ma con tante incursioni in sala e sul piccolo schermo).
“A mano disarmata” è un lavoro che si ispira al miglior cinema civile e di denuncia sociale. Non lascia spazio a inutili spettacolarizzazioni ma va dritto all’obiettivo, svela una storia che, purtroppo, non è unica e la dice lunga sul livello di civiltà di questo Paese di cui la libertà di stampa è una delle espressioni. “Gran parte della riuscita di questo film – ha commentato Federica Angeli, che ha collaborato alla sceneggiatura – è dovuta a Claudia Gerini. Siamo diventate amiche, abbiamo pianto e riso insieme, rivissuto alcuni miei momenti, durissimi, in una simbiosi che, raramente, mi è capitata nella vita”. “Una storia vera, ricca di dignità morale – ha sottolineato il regista – carica di un forte senso di responsabilità civile, di un estremo bisogno di ricerca della verità”. “Un film che ha la capacità di smuovere le coscienze ed emozionare”, riflette Paolo Borrometi, presidente dell’associazione Articolo 21, anche lui giornalista sotto scorta.
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