Inseguito dai poliziotti, il vecchio Clint guarda ancora al mondo con disincantata ironia
Un'altra convincente prova registica e d’attore per Clint Eastwood. Ne Il corriere (The Mule), questa volta è nella parte di un floricoltore dell’Illinois, fallito, Earl Stone, poco attento verso la famiglia, che ha trascurato da sempre, al quale altro non resta da fare che trasportare sul suo pick-up chili di droga dal Texas a Chicago su imbeccata di un malandrino colombiano che lo mette in contatto con una banda di trafficanti capeggiata da Laton (Andy Garcia).
Tratto da una fatto di cronaca, è l’ennesima prova, sulla scia di Gran Torino, di una carriera costellata di perle (Million Dollar Baby e Mystic River tra queste). Un Clint anche qui crepuscolare, viaggio dopo viaggio lungo questo road-movie esistenziale, che nulla fa per nascondere gli anni, a fine maggio saranno 89, che si trascina a passo lento ma saldo nelle sue convinzioni da moderato, se non conservatore wasp. Magistrale la sequenza in cui aiuta una coppia di neri (con figlioletto al seguito) appiedata da una gomma a terra e che lui chiama “i miei amici negri”, da unpolitically-correct dal cuore aperto qual è.
Come in Gran Torino è un reduce dalla guerra di Corea. Guarda al mondo, che in qualche maniera non riconosce più – il suo fallimento professionale è determinato dall’incapacità o, meglio, dalla non volontà di adeguarsi alle vendite online dei suoi amati fiori – con disincantata ironia. Nello stesso tempo, si concede più di uno “strappo” alle ferree regole dei narcos messicani, facendoli andare su tutte le furie, ma non mancando comunque mai una consegna. Si ferma dove gli pare, cambia strada e motel, si concede incontri fuori programma. E’ comunque vitale. Ha bisogno di soldi e senza tanti fronzoli se li “guadagna”, arrangiandosi. Con i piedipiatti della Dea, l’agenzia antidroga americana, alle calcagna. Il cui agente, Colin Bates, il bravo Bradley Cooper, mai e poi mai potrebbe immaginare che quell’ultraottuagenario con il quale divide la colazione in un motel è “il mulo” che cerca di incastrare. Da antologia il dialogo tra i due. Il poliziotto che si rammarica di essersi dimenticato dell’anniversario di matrimonio e Clint-Earl che gli ricorda quanto sia importante la famiglia, i valori che rappresenta. Proprio lui che da sempre la trascura, sia la moglie che la figlia con la quale non parla da anni, che è, in fondo, il tarlo che gli rode dentro. Tantoché, un’altra sequenza, commovente quanto da applausi, si svolge proprio nella casa di famiglia, sul letto di morte della moglie. Espressivamente straordinaria, con quelle rughe sul volto di Clint che tanto dicono di una vita ormai in gran parte passata, con qualche rimpianto.
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