Male non è un semplice “niente”, bensì un “niente come assenza di una perfezione dovuta”, la mancanza di un bene che è dovuto
Se in piazza del Duomo un amico originale mi fa notare la mancanza di una mandria di renne a pascolare e di un branco di elefanti ad abbeverarsi alla fontana del Nettuno, questa assenza non mi appare un male. Un'assenza sensata, un niente innocente. Per il momento non emerge una connaturalità turistica, culturale o sanitaria tra Piazza del Duomo, renne ed elefanti, una qualche positività nella loro compresenza. Ma se davanti a me zoppica un cagnolino privo del polpastrello alla zampetta anteriore destra, questo si mi appare un male naturale. Che se la causa della mutilazione risultasse una negligenza o addirittura una crudeltà bullista si aggiungerebbe anche il carattere di male morale. Perché al cagnolino compete l'integrità degli arti, ha diritto alla completezza del suo organismo. Quindi male non è un semplice “niente” bensì un “niente come assenza di una perfezione dovuta”, la mancanza di un bene che è dovuto.
Chi ha inventato il male? Chi ha dimenticato la porta aperta e l'ha lasciato entrare nel mondo con il codazzo infame di tsunami, epidemie, morte delle mamme o dei bambini, disuguaglianze sociali, discussioni fredde su chi muore di fame o annega nel Mediterraneo, massacri per motivi di razza, o d'altra folle ideologia? In altre parole: da dove il male attivo, come quello compiuto da Caino fino al massacro del fratello, e il male passivo subito da Giobbe fino alla maledizione della propria nascita? Sia Caino fratricida perché, psicanaliticamente osservando, disatteso dal padre e possessivamente maleducato da sua madre? Sia stato Giobbe sovraccaricato di attese e troppo amato dal Padre? Nessuno si assume la responsabilità. Magari, nel nostro piccolo, ognuno, indiziato, risponde: "Dov'eri tu quando io….?"
Non si riesce a trovare un genitore per il Male. Chi è il suo papà? Chi è la sua mamma? Nessuno lo vuole, nessuno lo riconosce. Non c'è un impiegato all'anagrafe che riesca a carpire un riconoscimento. Da quando mondo è mondo hanno cercato il mascalzone che gli ha dato i natali, Ma nessun DNA corrisponde. Forse un dio cattivo che si contrappone al Dio buono, come si diceva nei luoghi di provenienza dei Magi? Forse la Materia è sua madre, nemica dello Spirito, come volevano taluni raffinatissimi Greci ? Forse è più comodo dare tutta la colpa all'umanità o alla sua ipotetica coppia capofila che ha guastato il dorato piano di Dio, come sembra dire il terzo capitolo del libro della Genesi? Forse degli spiriti decaduti che analogamente non tollerano di assoggettarsi al dono e iniziano la sterile dinastia dei Ribelli? O forse il male non esiste ed è solo un espediente che serve al Creatore per avere il migliore dei mondi possibili come suggerisce Leibniz? Forse è un gran bene perché permette a Dio di soffrire ed esser solidale con noi?
E dunque come mai il Male e quale ne è la causa? Ma perché il Male e a che cosa conduce? Alla prima domanda non abbiamo risposta. Non basta a darla il mito ricchissimo della coppia simbolo, non riesce a darla il povero Giobbe che si accontenta della mano sulla bocca e di restare estatico dinnanzi a El Shaddai-L'Onnipotente. Non la può dare Gesù che resta fedele ai suoi limiti di incarnazione umani (non ha neppur bisogno di sapere quando finirà il mondo) e al suo compito di socchiuderci alla rivelazione del Bene. Il Dio che rivela la Trinità per giustificare l'Incarnazione non sembra affrettarsi nella spiegazione a noi, come a suoi nipotini, da dove venga il male. Quasi al Padre non prema anticipare all'umanità notizie sulla nascita del male, durante la di lei prova terrena, anticipare quanto poi necessariamente sarà compreso nell'istante eterno della visione beatifica. Anche se, pur nella foschia, già oggi possiamo intravvedere la possibilità del male come premessa e conseguenza della nostra libertà e la nostra libertà come figlia del Suo rispetto, e del coraggio di Lui-Amore. Quanto rispetto rivela chi concede libertà, e quanto amore occorre per trovare il coraggio di concederla!
"Chiedere fiducia non è dare una risposta sul perchè della sofferenza del giusto, non è sostituire una risposta più profonda a quella classica smentita dai fatti (e rappresentata dagli amici teologi di Giobbe). E' lasciar presentire che una risposta c'è ma che è al di là non solo della pura ragione ma delle ragioni che la fede riesce a dare a se stessa. E' affermare che il male non è riducibile a problema, neppure problema dell'intelligenza di fede, ma appartiene all'ordine più proprio del mistero" ( Armido Rizzi, Dizionario di pastorale giovanile, 551). Il problema Male rimane così mistero: l' unica "situazione disperata ma non grave ", l'ultimo ma sopportabile dubbio del credente. “Fiducia anche se non capisci”, ci esorterebbe il Signore. “Fiducia dopo le innumerevoli prove di amore che ti ho dato nella creazione e nell'alleanza”.
Alla seconda domanda: "Ma che cosa fare del male nell'ottica di Dio?".
Sembra che per Lui l'essenziale non sia spiegare da dove venga il male, se dall'uomo o dalla natura, bensì senta l'urgenza di darci gli strumenti per liberarci dal male. La preghiera del Padre Nostro inizia con "Padre Nostro" e conclude con "liberaci dal male". Il Padre Nostro, Signore di tutte le relazioni, rimane protagonista lungo tutta la grande preghiera. L'ultima parola, paradossalmente, nomina il Male per delegittimarlo radicalmente e per consegnarci la missione di contribuire a squalificarlo definitivamente.
E così, parafrasando Bonhoeffer, l'Eden biblico non risulta una puerile prospettiva di felicità a buon mercato ma la grazia accolta a caro prezzo di collaborazione. Dio non soltanto vuole il mondo per il bene dell'uomo ma lo vuole attraverso la indispensabile responsabilità, dignità e pieno coinvolgimento dell'uomo.
"Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi ". Qualche Gutierrez o Sobrino, teologi della liberazione troppo arrendevoli a Marx ? No. Semplicemente l'antico Luca (4,18), notaio di Gesù, con la complicità di Isaia. Contro una società economica che raddoppia il numero dei poverissimi e i capitali in mano a poche migliaia di ricchissimi, che opprime minoranze etniche, religiose, che lascia cieche di cultura masse in vari continenti, che toglie gli ultimi frammenti di libertà ad oppressi da guerre, sfruttamenti, dittature, che marchia di illegalità ogni straniero, vedova ed orfano che pretendono di mettersi in salvo. Più comodo, ma spesso improduttivo, teorizzare o comiziare sul male. Meglio, come Gesù, dare la vita, almeno qualche pezzettino di vita, per contribuire a toglierlo dal cuore umano e dalla crosta terrestre!
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