Un evento anticipato dalla visita in occasione della Giornata della Memoria dei due ospiti – Bortola Zanetti e Guido Faccini – ai bambini della locale scuola elementare ai quali avevano raccontato i piccoli grandi drammi dell’essere in guerra. La seconda parte, tenutasi lo scorso venerdì 3 febbraio presso la “Rosa dei Venti”, ha riavuto come testimone Guido Faccini, assieme a Margherita Scarazzini e Livio Tarolli.
Quest’ultimo, classe 1919, originario di Castel Condino, uno dei pochi sopravvissuti dei campi di concentramento in Germania, ha raccontato come, partito nel 1940 come soldato, è stato dapprima inviato come fante sul fronte iugoslavo a sorvegliare la ferrovia in modo da evitare che fosse danneggiata. Tito aveva attivato i partigiani a fare la guerriglia, ha raccontato: “Erano tremendi. Si passava a fare i controlli attraverso la campagna; appena passati quelli che sembravano contadini tiravano fuori il fucile e ti sparavano. In guerra il nemico ce l’hai davanti; lì era tutto attorno. La paura era tanta”.
Le cose peggiorarono con l’8 settembre 1943. I comandanti li portarono a Fiume in Istria da dove promettevano di farli imbarcare per Ancona; invece li caricarono su dei barconi portandoli a Trieste e Venezia e di qui con il treno in Prussia orientale in Germania, sui confini con la Lituania: “Il viaggio è durato otto giorni. Nel vagone eravamo in cinquanta, ma siamo arrivati in trentasei; gli altri erano tutti morti”.
Lì Livio rimase due mesi lavorando nella campagna della zona (riusciva a rubare qualche patata, ma spesso al rientro gliele toglievano). Con l’avanzata dei russi fu spostato in Westfalia, dove lavorò a riparare gli edifici distrutti dai continui bombardamenti, durante i quali veniva invece mandato a tenere fermo il portone dei rifugi che sobbalzavano per lo spostamento d’aria. “Fest halten verfluchtete Italiener!, cioè tenere forte maledetti italiani! – dicevano – Una paura!…”.
Ammalandosi apparentemente di difterite venne messo sul treno per i campi di sterminio. Fortunatamente nel viaggio un medico italiano sentenziò che di altro si trattava, tenendolo in infermeria, dove Livio si rimise un po’ fino alla Liberazione. Tornò solo ad ottobre 1945 attraversando la Germania, la Svizzera e Milano, di lì in corriera a Condino e a piedi a casa a Castello.
Margherita Scarazzini, classe 1924, sposata a Bondo ma originaria della Val Rendena, della guerra ha ricordato soprattutto la paura e la fame: “Ci son stati di quelli che quasi morivano dalla fame. I tedeschi facevano paura, non rispettavano nessuno. Quando vedevano una luce per sbaglio accesa di notte in casa facevano i prepotenti. Una mia zia una volta gli ha offerto un salame per farli stare buoni. E avevamo paura degli stormi degli aeroplani. Noi donne poi lavoravamo in campagna al posto degli uomini; i ragazzi lavoravano sotto i tedeschi”.
Guido Faccini, nato nel 1930, ha ricordato proprio il servizio coatto nelle squadre della Todt tedesca: “Avevo dodici anni. Ci mandavano da Strada al Forte Carriola e al Nozzolo con assi sulle spalle per andare a ricostruirli. Se facevamo qualcosa che non andava ci picchiavano con un mazzo di corde. Eravamo in tanti da Brione”.
La serata si è conclusa con i ringraziamenti del sindaco di Borgo Chiese Claudio Pucci e di Castel Condino Stefano Bagozzi e l’accompagnamento musicale del gruppo musicale della APSP “Rosa dei Venti”, guidato da Benito Corelli.
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