Sommario
Washington, 1971. Katharine “Kay” Graham, dopo la tragica morte del marito, è l'editore del Washington Post, il più antico giornale della città, da generazioni di proprietà della sua famiglia. Alla vigilia della quotazione in borsa della società, l'avversario New York Times dà fuoco alla miccia dei Pentagon Papers, pubblicando una prima parte dei documenti top secret del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti riguardanti la guerra del Vietnam. Dopo lo stop alla pubblicazione da parte della magistratura, la redazione del Post si trova nelle condizioni di poter continuare l'inchiesta, sfidando apertamente la Casa Bianca. Kay si troverà così ad affrontare una scelta cruciale non solo per il suo giornale ma per l'intero Paese.
Diretto con la consueta maestria da Steven Spielberg, The Post porta sul grande schermo una pagina della storia americana che parla con grande forza al presente, non solo degli Stati Uniti. Il ruolo del giornalismo, i rapporti tra informazione e potere politico, i giochi spesso poco limpidi dei governanti si intrecciano con la storia della prima editrice femminile di un importante quotidiano americano, proiettando lo spettatore in un mondo di rotative, telefoni a gettone e macchine da scrivere.
Se l'impeccabile ricostruzione storica racconta l'inizio della caduta del presidente Nixon, ironicamente evocata sul finale, e pone l'accento sul cruciale rapporto tra politica e cittadinanza, dominato spesso da bugie che distruggono il rapporto di fiducia alla base di una società civile, la superlativa interpretazione di Meryl Streep, candidata all'Oscar, ci regala il ritratto indimenticabile di una donna quasi dispersa in un mondo dominato dagli uomini, costretta ad un ruolo che non si è scelta ma che esercita con passione e impegno, imparando a gestire il potere senza mai perdere la sua femminilità fatta di coerenza, intelligenza ma anche di fragilità.
Kay Graham non appare certo come un'eroina senza paura, è una figlia, una moglie, una madre che deve combattere il pregiudizio sulla capacità imprenditoriale e lavorativa della donna, ma anche una borghese vissuta da sempre a contatto con il mondo che conta, costretta a mettere in discussione le proprie certezze in nome di una libertà superiore che definisce il giornalismo come al servizio dei governati e non dei governanti.
Fondamentale in questo disegno narrativo è la figura del combattivo caporedattore del Post, Ben Bradlee, interpretato da un Tom Hanks capace di mantenere il ruolo di coprotagonista senza mai andare sopra le righe, e di costruire così un gioco delle parti con la protagonista che costituisce la vera ossatura del film, in un continuo, serrato ma sempre rispettoso confronto tra i due.
Grazie ad un racconto piano ma mai scontato, Spielberg costruisce un film da non perdere, che offre interessanti spunti di riflessione su argomenti diversi ma ugualmente attuali.
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