Chinnici, 35 anni dopo

A volte la RAI si ricorda di chi era e di chi dovrebbe essere, del suo ruolo di emittente pubblica, e torna ad offrire agli spettatori un servizio all'altezza della propria missione culturale, morale e in ultima analisi umana. Lo ha fatto ieri sera, martedì 23 gennaio, con il film-tv dedicato alla figura del magistrato Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia a Palermo il 29 luglio 1983. Un ritratto che si aggiunge a quelli dei colleghi e amici che abbiamo visto negli ultimi anni sul piccolo schermo, da Falcone a Borsellino, per dire i più diretti collaboratori, a tutti gli uomini e le donne che insieme a loro hanno donato la loro vita per combattere il cancro morale del nostro Paese.

Un ritratto che conferma i precedenti e arricchisce il mosaico della memoria storica, che è così labile in tutti noi che pure abbiamo vissuto quegli anni. La fine degli anni '70, quando era ancora tabù asserire l'esistenza della mafia – un'invenzione dei “piemontesi” colonizzatori- l'inizio degli anni '80, quando una piccola parte dello Stato, o forse si dovrebbe dire alcuni uomini al servizio autentico dello Stato, hanno cominciato a chiamare le cose con il loro nome e a combattere: su più fronti e troppo spesso da soli. Uccisi materialmente dal fuoco nemico, ma moralmente dal fuoco amico.

Rocco Chinnici – È così lieve il tuo bacio sulla fronte (dal libro della figlia Caterina, magistrato come il padre, per la regia di Michele Soavi e la produzione di Luca Barbareschi) non è semplice fiction, è cinema televisivo di autentico impegno civile. Con uno straordinario interprete, Sergio Castellitto, che pur avendo rivestito i panni di un numero considerevole di personaggi reali, riesce a disegnare un'individualità precisa e matura, trasformando perfino il proprio fisico. Un cinema che è anche un martirologio laico che ricorda a tutti in questi anni di dissolvimento etico e politico che esistono ancora persone e famiglie capaci di mettere il bene e la responsabilità verso la comunità al di sopra del proprio interesse personale e a reggere la posizione. Anche quando tutto intorno è avverso. E ci sono figli che raccolgono il testimone dei padri e proseguono la loro opera. Per salvare la bellezza del Paese e dell'umano, dal nulla bestiale della parte oscura e dal nulla “miserabile” dei servitori di due padroni.

E certo l'ombra sembra vincere, ma è la luce di questi uomini a brillare e perdurare, anche grazie alla tv, a registi, interpreti, sceneggiatori. Sono le rose di Chinnici, a restare; la bellezza incorrotta di posti come San Ciro, che diventano luoghi familiari condivisi, di cui prendersi cura: simbolo concreto e accessibile di ciò che dovrebbe essere finalmente riconosciuto da tutti come vera “cosa nostra”.

C'è un enorme lavoro da fare, perché la mentalità di non riconoscimento del bene comune, nel frattempo ha pervaso il resto del Paese. La Televisione Italiana, se vuole, può fare tanto. Anche con la fiction. Non è mai troppo tardi, diceva un cult della RAI che alfabetizzò il Paese.

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